Benessere animale in etichetta: i consumatori chiedono più trasparenza

Lanciamo un appello urgente alla Conferenza Stato-Regioni: non approvare lo schema di decreto SQNBA e rivedere i requisiti della certificazione.
Animal Equality Italia, Essere Animali
Picture of Daria Vitale

Daria Vitale

Responsabile animali allevati.
Condividi

Sostieni il nostro lavoro

Con una donazione anche piccola puoi contribuire a cambiare il futuro degli animali.

Le donazioni ad ALI danno diritto ai benefici fiscali previsti per legge.

Newsletter

Iscriviti per ricevere ogni settimana i nostri aggiornamenti via email.

Cliccando su "ISCRIVIMI" acconsenti al trattamento dei tuoi dati personali per l'invio dell'email settimanale. Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Un’etichetta ingannevole

Domani la Conferenza Stato-Regioni voterà un decreto che se dovesse vedere l’approvazione costituirebbe un danno irreparabile al diritto dei consumatori ad ottenere un’informazione trasparente sulla qualità dei prodotti alimentari. Un danno per l’industria, quella parte della produzione italiana che da tempo sta assumendo impegni verso una transizione efficace a sistemi di allevamento che adottano misure tese a garantire una migliore tutela del benessere animale. Un freno allo sviluppo sostenibile e alle politiche europee che puntano alla trasformazione del nostro sistema alimentare per un futuro in cui la produzione animale si adegui all’urgenza di salvaguardare il pianeta.

Si tratta del decreto volto a disciplinare lo schema di etichettatura volontaria denominato ‘Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale’, una certificazione che darà la possibilità ai produttori di apporre un logo riportante la dicitura SQNBA, senza che a ciò corrisponda alcuna garanzia in tema di trasparenza ed efficace rispondenza del modello di certificazione a standard effettivamente migliorativi del benessere animale. Lo schema sarebbe di fatto applicabile alle produzioni intensive che ad oggi si attestano in Italia come sistemi lontanissimi dal rispetto di standard superiori di benessere animale. Basti pensare che potrebbe apporsi l’etichetta a prodotti ottenuti da allevamenti che praticano ancora il taglio routinario della coda dei suini senza alcuna anestesia, una tecnica applicata all’80% degli animali coinvolti in questi sistemi di produzione. Un sistema di certificazione che non permetterebbe ai consumatori di valutare quale sia la reale garanzia offerta dal prodotto in tema di maggior tutela del benessere animale ma che anzi indurrebbe a conclusioni erronee, frutto dell’affidamento che il consumatore pone nell’etichetta.

Insieme ad altre 13 associazioni appartenenti alla coalizione #BugieInEtichetta ci stiamo battendo da mesi affinché il Ministero della Salute e il Ministero delle Politiche Agricole adottino delle modifiche sostanziali che permettano a questo schema di certificazione di diventare uno strumento di informazione efficace e trasparente. Finora le nostre richieste sono risultate in modifiche marginali, non realmente migliorative rispetto a un modello di etichettatura che si appresta a concretizzare una dilagante disinformazione tra i consumatori italiani.

La tutela dei consumatori

Lo scorso febbraio la Commissione europea ha pubblicato uno studio sui modelli di certificazione che all’interno dell’Unione europea riportano diciture relative alla tutela del benessere animale. Dalle risultanze della ricerca effettuata è evidente come i consumatori abbiano un crescente interesse a ricevere un’informazione sulle garanzie offerte dalla produzione alimentare in tema di benessere animale, e come a questo interesse corrisponda una crescente preoccupazione a cui tuttavia non si accompagna un’approfondita conoscenza dei modelli di produzione diffusi sul territorio europeo. Questo comporta la necessità di garantire un grado di trasparenza superiore, utile a valutare in maniera efficace quali siano le garanzie che, correlate alle differenti criticità in tema di tutela del benessere animale, un dato prodotto possa offrire in relazione alla richiesta del consumatore. In aggiunta a ciò è attestato come la proliferazione di schemi di etichettatura multiformi inerenti alla tutela del benessere animale sia motivo di grande confusione tra i consumatori, esistendo ad oggi più di 50 etichette, facenti capo a differenti disciplinari che valutano diversi parametri nel determinare il grado di tutela del benessere animale garantito dal prodotto alimentare.

Lo studio è stato commissionato al fine di valutare quali siano le evidenze che possano suggerire l’adozione di uno schema unificato che si imponga a livello europeo, in maniera simile a quanto avvenuto per la commercializzazione delle uova. Le conclusioni fanno propendere per una maggiore efficacia di quei modelli di etichettatura che presentino loghi graduati, dai quali sia possibile comprendere chiaramente su quale livello della scala di riferimento si ponga il prodotto commercializzato. L’apposizione di diciture volontarie in etichetta è regolamentata all’interno dell’Unione europea ad opera del Regolamento 1169/2011/UE, il quale pone un chiaro accento sull’influenza diretta che le considerazioni etiche possono comportare al momento in cui il consumatore si appresti ad acquistare un prodotto alimentare.

Il ruolo della Commissione europea

Il decreto è attualmente al vaglio della Commissione europea, titolata ad effettuare una valutazione tecnica in ordine alla portata del testo normativo. Se il decreto verrà approvato senza le richieste concrete avanzate dalle associazioni che si fanno portatrici insieme a noi della tutela del benessere animale e dei consumatori il danno sarà irreparabile. Non vi è la previsione di una chiara indicazione in etichetta dei diversi sistemi di allevamento e della posizione del prodotto su una scala graduata crescente di benessere animale. Sono ricompresi tra i criteri utili alla valutazione del rispetto della tutela del benessere animale dati rilevanti, ma completamente fuorvianti rispetto all’impianto dell’etichettatura, quali la considerazione delle emissioni nell’ambiente corrispondenti al singolo prodotto. Non è prevista alcuna rappresentanza della società civile nel comitato che verrà chiamato a definire le linee guida di certificazione per singolo prodotto e neppure sono indicati stringenti criteri di verifica e controllo negli allevamenti, che per essere efficaci dovrebbero svolgersi almeno annualmente e senza essere annunciati. Inoltre nella valutazione del livello di tutela del benessere animale non vengono ricompresi parametri fondamentali, quali i comportamenti etologici di specie, la densità in allevamento e le condizioni di trasporto.

Alla denuncia effettuata dalle associazioni italiane si sono allineati anche diversi Membri del Parlamento Europeo, che hanno indirizzato una lettera al Commissario per la Salute e la Sicurezza Alimentare Stella Kyriakides. Lo stesso abbiamo fatto noi, denunciando la totale impermeabilità dei ministeri alle richieste tecniche, puntuali e ragionevoli che abbiamo avanzato affinché il modello proposto diventi un utile strumento alla transizione necessaria verso sistemi di produzione che offrano migliori garanzie in tema di benessere animale. La richiesta delle associazioni aderenti alla coalizione e dei Membri del Parlamento è quella di avanzare strenue critiche al modello proposto, la cui attuazione risulterebbe nell’allocazione di risorse pubbliche collegate ai fondi pubblici PAC e PNRR attraverso l’Eco-schema 1 del Piano Strategico Nazionale (PSN). La lettera è stata firmata dai MEPs Eleonora Evi, Francisco Guerreiro, Anja Hazekamp, Tilly Metz, Manuela Ripa, Caroline Roose, Sylwia Spurek e Thomas Waitz.

Come si legge nella lettera da noi indirizzata al Commissario per la Salute e la Sicurezza Alimentare Stella Kyriakides: «Oggi l’Europa vive un momento drammatico, in cui emergono con forza tutte le fragilità dell’economia attuale, ulteriormente indebolite dalla guerra, e l’impatto devastante della crisi climatica sull’agricoltura e sulla nostra natura, a cominciare dalle nostre montagne. Proprio per questo non possiamo permetterci di fare passi indietro su fenomeni, come l’impatto degli allevamenti sul clima e il diretto rapporto tra benessere animale, crisi climatica e sicurezza alimentare – evidenziato anche dalla recente risoluzione ONU – che se non affrontati adeguatamente oggi, con l’ausilio delle risorse che l’Unione europea sta mettendo a disposizione degli Stati membri, diventeranno catastrofici per il nostro Paese e per le generazioni future».

Il nostro appello

Oggi lanciamo un appello affinché il decreto non venga approvato in Conferenza Stato Regioni senza le minime modifiche da noi richieste:

  • L’inserimento di livelli differenziati di certificazione per ogni specie, visibili e comparabili in etichetta, in modo da fornire al consumatore tutte le informazioni chiave per poter scegliere in maniera informata i prodotti e incentivare così la transizione.  
  • L’inserimento tra i criteri atti a definire il benessere animale i bisogni etologici di specie, la densità degli animali e le condizioni di trasporto
  • La previsione di controlli in situ a sorpresa, sia per gli operatori della produzione primaria che per quelli del settore alimentare, almeno una volta all’anno, e non ogni tre anni come previsto dal decreto. 
  • La presenza di tre rappresentati delle Associazioni all’interno del Comitato Tecnico a cui sarà affidato il compito di elaborare i diversi disciplinari di allevamento.  

È il momento di assicurare ai cittadini garanzie di trasparenza, affidabilità e sviluppo sostenibile, in un’ottica di trasformazione che non può avvallare alcuna retrocessione rispetto alla transizione ormai avviata verso sistemi di produzione alimentare che tutelino maggiormente il benessere animale.

Non perderti i nostri aggiornamenti!

Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti direttamente via email: comodo, no?

Dona il tuo 5x1000 ad ALI

Insieme possiamo cambiare il futuro degli animali