Macellazione rituale: uno studio sullo scarto della macellazione delle carni kosher

Uno studio del 2017 sullo scarto nelle comunità ebraiche di Roma e Milano per riflettere sulle procedure senza stordimento e sulla provenienza delle carni che arrivano sul mercato.
Agnello ucciso
iStock/Ulrike Leone
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La macellazione rituale è una pratica consentita per la tutela della libertà religiosa. Essa consiste nell’abbattimento degli animali seguendo i precetti del culto ebraico e musulmano, consentita dal Regolamento (CE) N. 1099/2009 che tutela il benessere animale durante l’abbattimento. Si tratta infatti di una deroga rispetto alla procedura ordinaria di macellazione, nella quale lo stordimento è sempre imposto.
Giancarlo Bozzo, professore associato di Ispezione degli Alimenti di origine animale presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, insieme al suo gruppo di ricerca, ha realizzato nel 2016 uno studio sullo scarto della macellazione delle carni kosher nelle comunità ebraiche di Roma e Milano. Lo scopo dello studio, pubblicato nel 2017 su Meat Science, è stato la valutazione dei criteri specifici legati al rito religioso attraverso l’analisi dei tassi di scarto in ciascuna fase del processo.

Le fasi della macellazione kosher

La macellazione kosher (shechitàh) è l’unico metodo di macellazione previsto dai precetti della comunità ebraica. Questo procedimento prevede cinque fasi:

  • la scelta dell’animale, tra i mammiferi sono macellati quelli che hanno gli zoccoli bipartiti (zoccolo fesso, diviso in due parti) e la capacità di ruminare, ossia bovini, pecore e capre (Levitico XI);
  • il monitoraggio della salute dell’animale;
  • la macellazione, che prevede l’uccisione dell’animale con il taglio di trachea, esofago, del nervo vago e dei vasi sanguigni maggiori con un coltello molto affilato e senza previo stordimento;
  • l’ispezione e la pulizia delle carni, non ci devono essere lesioni degli organi, in particolar modo di polmoni e fegato. Reni, intestino, nervo sciatico, parte del grasso, vasi sanguigni, sangue coagulato e carne danneggiata vengono rimossi;
  • il lavaggio e la salatura per rimuovere il sangue rimasto.

Quando un animale viene scartato?

Una carcassa può essere scartata per il mancato rispetto delle cinque regole legate all’uccisione dell’animale secondo il rito ebraico: non ci devono essere pause durante l’incisione, la lama non deve esercitare pressione sul collo e non deve essere nascosta da pelle, lana o penne (nel caso di uccelli) dell’animale, il taglio deve essere operato in una precisa zona del collo e non ci deve essere lacerazione dei tessuti. È un macellaio rituale appositamente formato e che ha ricevuto una licenza, il shocḥet, a praticare questo tipo di procedimento. In fase post-mortem, altri motivi di scarto sono la presenza di indizi di infiammazioni, con particolare riferimento ad adesioni nelle cavità toraciche e addominali e lesioni dei polmoni legate a malattie respiratorie. Le carni che possono essere consumate dalla comunità di fedeli sono quelle classificate come chalak o glatt, il top di gamma in cui gli organi interni dell’animale sono in perfetto stato, e kosher, consumabile ma che possiede piccole imperfezioni nei polmoni. La carne scartata è detta taref.

I risultati dello studio dell’Università di Bari

I dati dello studio pubblicato dai ricercatori dell’Università di Bari sono stati raccolti osservando una macellazione effettuata secondo il rito ebraico. Le valutazioni sono state condotte da rabbini di due differenti comunità, Roma e Milano, su un totale di 727 bovini provenienti dalla Puglia.

Ciò che emerge a una prima lettura, oltre alla percentuale totale di animali scartati (52,4%), è la differenza di questo dato tra la comunità di Roma e quella di Milano: una spiegazione possibile potrebbe essere che il rabbino della comunità milanese sia maggiormente esigente per la carne chalak destinata a gruppi religiosi più ortodossi. Lo studio ha, inoltre, monitorato i tre momenti della macellazione – pre-, durante e post-uccisione – rivelando che la fase con più scarti è quella post-mortem.

Ripensiamo la macellazione rituale

Dal punto di vista etico possono essere mosse due obiezioni. La prima è che la macellazione rituale ebraica avviene senza previo stordimento e i metodi di immobilizzazione e di taglio usati sono causa di distress e sofferenza per gli animali. La seconda è l’immissione nel mercato tradizionale degli animali scartati, privando il consumatore del suo diritto di scelta di carni macellate secondo il regolamento europeo, il quale garantisce la minimizzazione della sofferenza dell’animale.
Il 28 aprile scorso noi di ALI abbiamo reso pubblica la ricerca multidisciplinare “Ripensare la macellazione senza stordimento”, per rendere noto lo stato dell’arte e tentare di trovare un punto di incontro tra la tutela del benessere animale e la libertà di culto. Inoltre abbiamo chiesto al Ministero della Salute e alla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari i dati sull’andamento delle macellazioni rituali (secondo i precetti ebraici e islamici) effettuate in Italia nel corso degli ultimi anni e informazioni sulle singole strutture autorizzate per ciascuna tipologia di macellazione. Il Ministero ha ammesso che questi dati non sono disponibili perché non era mai stata prevista la loro raccolta. Grazie al nostro intervento, il Ministero ha richiesto alle regioni di inserirli nei flussi informativi. Torneremo quindi a chiedere nei prossimi mesi di ricevere queste informazioni, che sono fondamentali anche per instaurare un dibattito pubblico su questa pratica controversa.

Stiamo cercando un compromesso che eviti ogni forma di dolore agli animali macellati e che non leda i diritti delle comunità religiose. Anche tu puoi aiutarci firmando la petizione: insieme chiederemo al legislatore italiano l’introduzione di una previsione legislativa che renda obbligatorio il ricorso allo stordimento previo e reversibile, in modo da non pregiudicare il diritto costituzionale alla libertà di culto.

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