Sproloqui (o no) da clausura

Alcune riflessioni sulle origini del coronavirus, sulla gestione dell'emergenza, sul lockdown e su quella strana incoerenza degli animalisti
CDC / Unsplash

di Enrico Moriconi

Medico veterinario, Garante dei Diritti Animali della Regione Piemonte.


Non so quale sia la vera causa della diffusione del virus però ho notato che molti animalisti criticano la scienza e Garattini sulla vivisezione ma poi accettano le parole di Burioni. Perché questo atteggiamento discordante, Garattini no e Burioni sì?

Sul Corriere della Sera è apparso un articolo di Sandro Modeo dal titolo “Coronavirus, le prove (definitive?) contro la teoria del laboratorio”. Nel merito l’articolo praticamente dice che l’oste – i ricercatori – garantiscono che il virus non proviene dal laboratorio ma io non ho visto la sequenza del virus di strada confrontata con quello del laboratorio. Non ho neppure sentito da parte degli animalisti la condanna della metodica di studi che creano nuovi virus. Chiediamoci perché e come sono fatti gli studi. Tutti orientati sui wet markets, da eliminare, ci dimentichiamo della sorte dei pipistrelli e, forse, dei pangolini, che saranno stati sacrificati nelle ricerche.

La gestione della vicenda. Hanno imposto il confinamento in casa, chiamato più elegantemente lockdown per dare un tono di importanza, giustificandolo con i numeri dei contagiati e terrorizzando con i morti, senza neppure considerare i dati di morbilità e mortalità. Rispettando ogni singolo morto, dopo quasi due mesi di clausura emergono dati che la sconfessano. Le persone sono state contagiate per il 44% nelle RSA e per il 24 per cento in casa. Quindi hanno fermato gli italiani per poco o nulla.

Anche i dati sierologici1La sierologia rileva la presenza di anticorpi attivati dal virus. che stanno emergendo dimostrano che la percentuale di coloro che hanno avuto il virus è stata molto più alta rispetto ai casi individuati e di conseguenza che la patologia è meno pericolosa di quello che si è diffuso. Quando si tireranno le somme, risulterà probabilmente poco più nociva delle influenze che colpiscono ogni anno.

I dati veri e realistici devono prendere in considerazione la percentuale delle persone colpite rispetto alla popolazione e quella dei deceduti rispetto alla popolazione e agli infetti.

Le cartine dei giornali con tanti Stati con il colore rosso scuro (rosso = pericolo) non si basano su dati comparati con le altre cause di morte ma erano valori assoluti, un modo per terrorizzare le persone. I dati veri e realistici devono prendere in considerazione la percentuale delle persone colpite rispetto alla popolazione e quella dei deceduti rispetto alla popolazione e agli infetti. Quando le persone con sintomi erano 189.973, i decessi risultavano essere 25.549: si tratta di una percentuale di mortalità di circa il 13%. Rispetto alla popolazione italiana, i morti sono, con quel numero, una percentuale tra lo 0,04 e lo 0,045%, cioè più o meno 4000 ogni dieci milioni di abitanti. Gli infetti sono lo 0,31% della popolazione.

Di fronte a numeri che rappresentano una sofferenza per i colpiti e le loro famiglie, che però non sono numeri eclatanti, si è sparso il terrore a piene mani con grafici tinti di rosso che esaltavano il senso della gravità ma non rappresentavano la realtà, come dimostrano i dati precedenti.

La gestione dei dati è significativa per chi vuole comprendere: quando dovevamo stare in casa si puntava l’attenzione sul numero crescente dei contagi e dei morti, mentre per diminuire la pressione improvvisamente sono calati i morti e si dedica poco spazio al fatto che i contagi rimangono alti.

Le morti attribuibili unicamente al virus sono estremamente basse: si tratta di un dato che meriterebbe una verifica.

I morti però, purtroppo, non sono conteggiati ovunque con gli stessi criteri: in Italia se c’era il virus e la persona moriva per un’altra patologia, il decesso era attribuito al virus. Meriterebbe verificare i dati secondo i quali le morti attribuibili unicamente al virus sono estremamente basse. Come qualcuno diceva dall’inizio, il virus provoca una forma che può essere grave ma lo è di più se i servizi sanitari non hanno strumenti e sbagliano le cure.

Un esempio di come il terrore viene usato è la responsabilità dell’inquinamento. Che i polmoni delle popolazioni del Nord Italia, immersi nei fumi, siano più compromessi di chi vive in regioni meno inquinate è una riflessione logica così come che i polmoni debilitati siano più facilmente attaccabili da un virus che ha il suo punto principale di azione in quell’organo. Invece di collegare questo semplice dato, la notizia che viene pubblicata è che il particolato delle automobili veicola il virus, peraltro senza verifiche ufficiali.

La colpevolizzazione dello smog segnalerebbe un dato epidemiologico, buono anche per decidere politiche ambientalmente corrette, mentre la notizia del particolato stimola la paura e sostiene l’obbligo di stare in casa.

Due pesi, due misure: a chi, come il professor Bardi, segnalava la corrispondenza tra zone ad alto inquinamento, come la Lombardia e il Belgio e la gravità della forma virale si rispondeva che non erano articolati accertati scientificamente mentre la notizia del particolato viene proposta come veritiera prima della validazione. Aspettiamo la prima critica del virologo di turno alla pubblicazione sulla rivista Elsevier dello studio che mette in relazione inquinamento e gravità del coronavirus.

Il terrore sparso a piene mani è servito soprattutto a coprire i guasti di chi ha gestito l’epidemia.

Il terrore sparso a piene mani è servito soprattutto a coprire i guasti di chi ha gestito l’epidemia. Ci sono dati che il virus circolava ben prima di quando sono state intraprese le misure, e il tempo intercorso non è stato utilizzato per predisporre strumenti di prevenzione, quali dettare norme igieniche e neppure dotarsi dei famosi respiratori. Con un normale decorso tipico delle forme virali, passando da individuo a individuo, la virulenza può essersi modificata e accresciuta.

Certo stupisce non poco lo strano connubio che unisce molti governi mondiali e che induce a prudenza nei giudizi anche da parte di persone che di base non rinunciano al senso critico. Una risposta si può ipotizzare nel senso che a tutti i governi, anche quelli democratici del terzo millennio, che prediligono la cosiddetta democrazia decidente — che suona un poco come dittatura democratica — non dispiace se vi sono motivi per spegnere le critiche e i commenti negativi e se la paura delle propria vita fa passare in secondo piano la mancanza e la precarietà del lavoro e la predominanza delle multinazionali, che ormai determinano le vicende delle nazioni. Anche perché, come ha detto da tempo Jacques Attali, per ora governano per mezzo dei politici ma nel prossimo futuro governeranno loro.

Note

  • 1
    La sierologia rileva la presenza di anticorpi attivati dal virus.

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