COVID-19 e animali d’affezione: ulteriori precisazioni

Facciamo luce su una serie di messaggi allarmanti e ingiustamente punitivi nei confronti degli animali diffusi attraverso i social network.
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Avv. Alessandro Ricciuti

Presidente di Animal Law Italia.

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Negli ultimi giorni stanno circolando sui social network articoli e messaggi allarmanti, in cui si indica la necessità di pulire le zampe del proprio cane dopo le passeggiate o si mette in guardia sulla possibilità che gli animali domestici possano diffondere il contagio. Riteniamo quindi necessario fare chiarezza su questi aspetti, facendo ricorso a fonti ufficiali e autorevoli, al fine di arrestare il diffondersi di informazioni inesatte, incomplete e fortemente esagerate.


Premessa: il virus SARS-CoV-2 è zoonotico

Quando si parla di COVID-19 (COronaVIrus Disease 19) ci si riferisce alla malattia provocata dal virus SARS-CoV-2 (coronavirus 2 da sindrome respiratoria acuta grave), che appartiene alla stessa famiglia di SARS (SARS-CoV-1) e MERS (MERS-CoV), emersi rispettivamente nel 2002 e nel 2012 e con i quali il nuovo arrivato condivide rispettivamente il 79% e il 50% circa della sua sequenza genetica.

In tutti e tre i casi si tratta di zoonosi, cioè agenti patogeni di origine animale che si sono adattati a vivere anche sulla nostra specie (come l’HIV, che provoca un’altra pandemia in corso) o che possono essere occasionalmente trasmessi in caso di contatto con altri animali (come la rabbia, l’Ebola e alcuni ceppi influenzali). Il virus della SARS è endemico nei pipistrelli e il salto verso homo sapiens è avvenuto attraverso gli zibetti, mentre MERS-CoV è stato probabilmente trasmesso dai pipistrelli ai cammelli in un lontano passato e da questi ultimi viene trasmesso alla nostra specie tramite contatto ravvicinato con esemplari infetti.

Per SARS-CoV-2 al momento non è stato ancora accertato con certezza il serbatoio naturale, cioè la specie in cui il virus vive in modo endemico, tenuto a bada dal sistema immunitario dell’ospite, anche se sappiamo per certo che si tratta di un altro mammifero. I primi studi ipotizzano un’origine remota dai pipistrelli Rhinolophus e il passaggio verso un ospite intermedio, prima del contagio umano, che sarebbe avvenuto quindi a seguito di un doppio salto di specie.

Su questo nuovo virus al momento sappiamo ancora troppo poco. Giornalmente veniamo raggiunti da notizie di nuove ricerche e speculazioni di esperti veri o presunti ma al momento ci sono ancora poche certezze e molte domande non trovano risposta. Ad oggi, sappiamo per certo che il virus si trova perfettamente a suo agio nella popolazione umana e si diffonde tramite il contagio tra esseri umani.


Cani e gatti possono infettarsi ma non contagiarci

Le autorità sanitarie negano che gli animali da compagnia possano contagiarci: Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE), Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità concordano sul fatto che «non ci sono prove» che cani e gatti possano avere alcun ruolo nella trasmissione di SARS-CoV-2.

Applicando il principio di prevenzione, sin dall’inizio dell’epidemia le autorità sanitarie hanno consigliato ai soggetti positivi di indossare le mascherine prima di entrare i contatto con i propri animali domestici, per evitare un possibile contagio.

Di recente si sono effettivamente accumulate le prime evidenze scientifiche che il virus può essere trasmesso dall’uomo ad altri animali, in particolare cani e gatti domestici. Fino ad oggi sono stati segnalati cinque casi: sono risultati positivi un gatto in Belgio, due cani e un gatto a Hong Kong e una tigre dello zoo di New York. Anche se il numero di casi segnalati è quasi certamente destinato ad aumentare, si tratta comunque di un numero insignificante, considerato che ad oggi il numero totale di contagi umani è stimato in circa un milione e mezzo!

L’aspetto più rilevante è che tutti i proprietari erano già positivi, mentre la tigre è risultata essere stata contagiata da un addetto: in tutti questi casi, la fonte del contagio era umana e non c’è stato nessun contagio dagli animali all’essere umano. Oltretutto, la carica virale si è dimostrata molto bassa, pertanto gli animali non risultano veicoli di contagio e sono asintomatici o paucisintomatici (cioè mostrano sintomi lievi). In particolare, il gatto testato in Belgio aveva sviluppato una sintomatologia respiratoria e gastroenterica a distanza di una settimana dal rientro della proprietaria dall’Italia, mentre la tigre mostrava soltanto difficoltà respiratorie.

Va comunque sottolineato che quanto riportato è basato su dati preliminari, che per quanto ancora insufficienti per effettuare valutazioni precise, suggeriscono che gli animali domestici possono contrarre il virus, anche se non sembrano subire gravi conseguenze, né sono in grado di trasmetterlo agli esseri umani. L’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (Centro di referenza nazionale e Centro di collaborazione OIE per la ricerca scientifica sulle malattie infettive nell’interfaccia uomo/animale) ha predisposto una serie di F.A.Q. molto chiare.

SARS-CoV-2 ha quindi certamente dimostrato di essere estremamente adattabile, riuscendo a “saltare” verso altri ospiti e contagiare i nostri animali, anche se su di loro non riesce ad avere lo stesso successo che ha sulla nostra specie. Il fatto che un virus possa compiere il salto si specie non indica la necessità che possa avere successo, in quanto il sistema immunitario di ogni specie attua differenti risposte e può riuscire a combatterlo più o meno efficacemente. Vi sono ad esempio alcuni coronavirus che colpiscono soltanto cani e gatti e che non sono noti per infettare la nostra specie.

Uno studio cinese pubblicato pochi giorni fa su Nature sembra dimostrare che gatti e furetti sono più suscettibili dei cani e pare che i primi possano anche contagiare i propri simili. In ogni caso, si tratta di esperimenti di laboratorio, che nulla hanno a che vedere con le normali interazioni tra proprietario e animale.

Anche a Torino si sta svolgendo uno studio per valutare con metodo scientifico il ruolo di cani e gatti nella diffusione del virus: gli stessi ricercatori spiegano che anche se un animale può contaminarsi con il virus «il ruolo epidemiologico che può giocare in questa fase dell’epidemia è trascurabile» e non fanno mistero che sperano di poter avvalorare scientificamente l’ipotesi che esclude ogni loro coinvolgimento diretto.

Riassumendo: siamo noi a costituire un potenziale pericolo per i nostri animali, mentre non è vero il contrario.


Come comportarsi

In ambito domestico, basterà che coloro che risultano positivi continuino a seguire le normali norme igieniche per impedire il contagio degli altri membri del nucleo familiare: indossare una mascherina e lavare bene le mani prima di toccare l’animale.

Conviene lavare le zampe dei cani dopo la passeggiata? La Fnovi ha diramato una nota per chiarire che «in base alle conoscenze scientifiche attuali, è altamente improbabile che le zampe del cane possano veicolare quantità di virus tali da infettare altri esseri viventi. Tuttavia, non presenta particolari controindicazioni l’abitudine di igienizzare le zampe al ritorno da una passeggiata», facendo però attenzione a scegliere prodotti «con concentrazioni molto basse di sostanze potenzialmente tossiche», considerato che leccandosi gli animali potrebbero ingerirle.

Anche l’Istituto Superiore di Sanità ricorda che «poiché la sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a SARS-CoV-2, è importante proteggere gli animali di pazienti affetti da COVID-19, limitando la loro esposizione». Inoltre, l’ISS sottolinea che «gli animali domestici contribuiscono alla nostra gioia e al nostro benessere, soprattutto in periodi di stress come quelli che stiamo vivendo. In assenza di sintomi riferibili a COVID-19 e se non si è in isolamento domiciliare, passare del tempo con il proprio animale domestico e accompagnare il proprio cane nell’uscita quotidiana (nel rispetto della normativa) contribuisce a mantenere in salute noi stessi e i nostri amici animali».

Posizione condivisa anche dal dott. Enrico Moriconi, garante istituzionale per i diritti animali della Regione Piemonte, il quale invita i mezzi di informazione a «non dare adito ad interpretazioni punitive nei confronti degli animali», e auspica «si mettano in atto comunicazioni che non lancino messaggi interpretabili erroneamente e che siano causa di abbandoni di animali».

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