Foie gras coltivato saltato in padella
GOURMEY and Romain Buisson

Carne coltivata e regolamentazione dei Novel Food in Europa

La normativa europea sui novel food e l'iter che potrebbe compiere la carne coltivata per poter essere immessa sul mercato.

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di Paola Sobbrio, responsabile ricerca proteine alternative e sperimentazione animale di ALI, e Giorgia Bertozzi, dottoressa in Giurisprudenza in Italia e in Francia, esperta di diritto ambientale

Negli ultimi anni, il mercato delle alternative ai prodotti derivati da animali è esploso, in risposta alla crescente domanda, accogliendo proposte sempre più varie. Oltre ai prodotti interamente vegetali che ricordano per la forma o per il sapore quelli tradizionali derivanti da animali, definiti plant based, da qualche anno diverse start up stanno investendo ingenti quantità di denaro per portare sul mercato la cosiddetta cultured meat, la carne coltivata.
Conosciuta in Italia anche come carne sintetica, è un prodotto che ha scatenato dubbi e timori e scaldato il dibattito pubblico.
Sarà difficile comprendere perché il quadro regolatorio sia così importante, se prima non capiamo cos’è la carne coltivata e qual è il procedimento alla base di quest’innovazione alimentare.

Un po’ di storia sulla carne coltivata

Per quanto possa sembrare strano, l’idea della carne coltivata non è nata negli ultimi anni, ma si è sviluppata nel corso dell’ultimo secolo. Già nel 1931 Winston Churchill affermò che prima o poi si sarebbe arrivati alla consapevolezza dell’«assurdità di far crescere un pollo intero, solo per mangiarne il petto o l’ala, facendo crescere queste parti separatamente in un ambiente adatto ».

La storia è ricca di tentativi di riprodurre in laboratorio le proteine animali, tanto che anche la NASA ha mostrato interesse in questo settore per nutrire i suoi astronauti durante le missioni spaziali. Tuttavia, la ricerca più avanzata e degna di nota è stata senza dubbio quella del medico olandese Willem van Eelen.

La storia di Van Eelen è singolare: fu catturato, durante la Seconda guerra mondiale, dai giapponesi e venne recluso per 5 anni nei campi di lavoro. Quel periodo, vissuto tra gli stenti, fu determinante nell’orientare il suo lavoro di ricerca. Al termine del conflitto, una volta rientrato nei Paesi Bassi, Van Eelen si iscrisse a medicina e fin da subito si interessò alle colture cellulari per scopi alimentari.
Agli inizi del 2000, passò il testimone a Mark Post dell’Università di Maastricht, fondatore dell’azienda Mosa Meat. Questa compagnia sarà la prima, nel 2013, a presentare — ripresa da tutte le televisioni del mondo — il primo hamburger ottenuto da cellule staminali di manzo cresciute in laboratorio.
La carne coltivata, il cui nome deriva dalla tecnica per produrla che prevede la coltura delle cellule dell’animale da cui sono prelevate, viene ottenuta attraverso un procedimento utilizzato nel campo della ricerca sulle cellule staminali che segue numerosi passaggi.
Per prima cosa, si prelevano, attraverso una biopsia su animale vivo ma anestetizzato, alcune cellule staminali, ovvero cellule ancora non differenziate — del tutto o in parte — che, quindi, possono differenziarsi in cellule muscolari nel caso della carne coltivata.
Quest’ultime per svilupparsi e replicarsi necessitano di quello che viene definito terreno di coltura, ovvero un substrato artificiale idoneo alla loro crescita.

Fino a poco tempo fa fa in questo terreno di coltura era incluso SFB, siero fetale bovino, plasma raccolto dai feti di mucche gravide subito dopo la macellazione: una pratica assolutamente poco etica che non contribuiva all’accettazione di questo tipo di “sostituto” della carne. Mosa meat, azienda leader in questo settore, ha dichiarato di non usarlo più a partire dagli inizi del 20221https://www.nature.com/articles/s43016-021-00419-1.

Questa novità ha, ovviamente, aperto il dibattito su una scala molto più ampia che coinvolge anche i vegetariani e i vegani che prima rifiutavano l’idea di poter mangiare carne coltivata.
Oltre al terreno di coltura questo tipo di carne deve crescere su una struttura per poter avere caratteristiche tridimensionali e per questo, vengono utilizzate delle strutture in biopolimeri edibili.
Tutto questo sistema ha, inoltre, bisogno di un ambiente che si mantenga sterile, a temperatura controllata e che consenta alle cellule di crescere fino al termine del processo. Si tratta di bioreattori, uno dei punti nodali delle critiche a questa innovazione.
Il bioreattore, infatti, consuma molta energia e quella rinnovabile attualmente disponibile sul mercato non è assolutamente sufficiente per alimentare tutti gli strumenti necessari a produrre grandi quantità di carne coltivata.

Quale potrebbe essere l’impatto della carne coltivata sull’ambiente?

La carne coltivata viene anche chiamata clean meat, per indicarne il minore impatto ambientale (oltre che la minore presenza di contaminazioni).
Si sostiene, infatti, che il consumo di acqua per la produzione della carne coltivata potrebbe essere molto ridotto rispetto a quello degli allevamenti tradizionali.
Lo stesso vale, inoltre, per le emissioni in aria e in acqua derivanti dai gas e dalle deiezioni prodotte dagli animali allevati che, come sappiamo, costituiscono la fonte secondaria di inquinamento a livello mondiale, a cui si aggiunge l’enorme impatto degli allevamenti intensivi sulla biodiversità 2https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e03.pdf, https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e00.htm, https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e04.pdf, https://www.fao.org/gleam/dashboard-old/en/, https://www.nature.com/articles/s43016-021-00358-x.
Queste affermazioni si basano sugli studi di Life Cycle Assessment già disponibili, che paragonano l’impatto della carne tradizionale e di quella coltivata in termini di consumo di emissioni, suolo e acqua.
Per Life Cycle Assessment (o LCA) si intende uno studio il cui obiettivo è quello di analizzare gli impatti sull’ambiente causati dalla produzione di un prodotto in tutte le fasi del suo ciclo di vita.
Ogni studio di LCA deve avere uno scopo e definire delle basi di partenza coerenti con questo.
Nel caso in oggetto, uno studio di LCA deve avere come obiettivo quello di confrontare gli impatti della produzione di carne tradizionale e di quella coltivata “from cradle to grave”, ovvero prendendo in considerazione l’intero ciclo di vita dei prodotti, partendo dalla coltivazione del mangime per gli animali allevati, e altri fattori essenziali come l’attuale estensione del pianeta, le risorse disponibili e il trend in crescita della popolazione mondiale 3https://gfi.org/wp-content/uploads/2021/03/cultured-meat-LCA-TEA-policy.pdf, https://gfi.org/resource/cultivated-meat-lca-and-tea-policy-recommendations/.
Recentemente è stato anche diffuso il report di FAO e OMS sulla sicurezza alimentare del cibo derivante da coltura cellulare, Food safety aspects of cell-based food, un documento che sottolinea la necessità di ricerca e investimenti per capire la reale sostenibilità futura di questi prodotti.

La normativa europea sui Novel food

L’immissione sul mercato della carne coltivata e il conseguente relativo controllo ai fini di garantire la sicurezza dei consumatori è regolamentato dal diritto dell’Unione Europea.
In particolare, in seguito a un’interrogazione parlamentare, è stato individuato il punto di riferimento legislativo in materia di carne coltivata nel Regolamento n. 2015/22834Sirsi, E.: “Della carne degli animali e del consumo etico”, Agricoltura – Istituzioni – Mercati, n. 1/2018, ISSN 1828-194X, ISSNe 1971-8373, ricevuto il 20 febbraio 2020 e accettato per la pubblicazione il 9 marzo 2020., relativo ai cosiddetti “novel food” (di seguito, “il Regolamento Novel Food”), che sono i cibi innovativi, tra cui ricadono anche i molto discussi insetti 5Sul tema si veda, per un maggiore approfondimento, “Si fa presto a dire entomofagia” di Alessia Colaianni, pubblicato il 15 novembre 2022 per Animal Law Italia..
Tale Regolamento disciplina le norme per l’immissione dei nuovi alimenti nel mercato interno dell’Unione, ne garantisce l’efficace funzionamento e assicura un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori.
L’interrogazione parlamentare (E-004200/2018) sollevava il problema dell’impatto dell’eventuale e futura immissione nel mercato dell’Unione della carne coltivata ed esigeva risposte sulle prospettive di tutela per i consumatori e per l’industria alimentare tradizionale. La risposta del Commissario Andriukaitis ha identificato come fondamento della regolamentazione della carne coltivata l’articolo 3, comma 2, lett. a) punto vi), il quale prevede che appartengono alla categoria dei nuovi alimenti anche « […] gli alimenti costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali, piante, microorganismi, funghi o alghe […]», facendo ricadere quindi anche la carne coltivata nell’ambito di applicazione del Regolamento Novel Food.
Ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento Novel Foods, quindi, la carne coltivata può essere inserita nell’elenco dei Novel Food dell’Unione, cosa che permette la conseguente l’immissione nel mercato comunitario, a condizione che:
«a) in base alle prove scientifiche disponibili, l’alimento non presenti un rischio di sicurezza per la salute umana;
b) l’uso previsto dell’alimento non induca in errore i consumatori, in particolare nel caso in cui l’alimento sia destinato a sostituire un altro alimento e vi sia un cambiamento significativo nel suo valore nutritivo;
c) se l’alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisce in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per il consumatore sul piano nutrizionale».

La procedura che consente l’immissione nel mercato dell’Unione dei novel food è descritta all’articolo 10 del Regolamento.
Essa prevede la presentazione di una domanda da parte del richiedente alla Commissione, la quale di sua iniziativa dovrà avviare la procedura finalizzata all’aggiornamento dell’elenco dei Novel Food.
La domanda di autorizzazione da presentare alla Commissione deve contenere:

  • a) il nome e il domicilio del richiedente;
  • b) il nome e la descrizione del nuovo alimento;
  • c) la descrizione del/i processo/i di produzione;
  • d) la composizione dettagliata del nuovo alimento;
  • e) prove scientifiche attestanti che il nuovo alimento non presenta rischi associati alla sicurezza per la salute umana;
  • f) se del caso, il/i metodo/i di analisi;
  • g) una proposta relativa alle condizioni d’uso previsto e ai requisiti specifici di etichettatura per non indurre in errore i consumatori o una motivazione verificabile che illustri le ragioni per cui tali elementi non sono necessari.

La domanda del richiedente dovrà essere messa a disposizione degli Stati Membri da parte della Commissione.
Come precisato dal comma 6 del medesimo articolo, infatti, gli Stati Membri possono esprimere pareri in merito all’aggiornamento dell’elenco, che la Commissione potrà tenere in considerazione nel caso in cui ritenga di rifiutare la domanda.
Inoltre, su richiesta della Commissione, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è tenuta a pronunciarsi, di norma entro un termine di 9 mesi, sulla domanda presentata.

L’EFSA ha al suo interno diversi comitati che valutano, attraverso parametri e studi scientifici, la salubrità degli alimenti e la loro sicurezza sia prima della loro immissione sul mercato che successivamente.
Non a caso, l’EFSA ha sede a Parma, una delle aree dell’Unione maggiormente interessata dalla presenza di stabilimenti addetti alla produzione di alimenti derivanti da animali.
In particolare, nel caso della carne coltivata, l’EFSA è tenuta a considerare se:

  1. il nuovo alimento potrebbe avere effetti nocivi sulla salute umana;
  2. il suo livello di sicurezza per la salute è almeno pari a quello di alimenti che rientrano in una categoria comparabile di alimenti già presenti sul mercato;
  3. il suo consumo è svantaggioso sul piano nutrizionale nel caso in cui sia destinato a sostituire un altro alimento.

Rispetto alle suddette condizioni, necessarie all’immissione nel mercato del nuovo alimento e la cui valutazione spetta alla Commissione, si trova qui un elemento di considerazione ulteriore, ovvero quello relativo al livello di sicurezza paragonato a quello di alimenti comparabili già esistenti sul mercato.
Dal momento che il coinvolgimento dell’EFSA è facoltativo, è interessante notare che non tutti i novel food sono sottoposti necessariamente allo stesso vaglio.
Tuttavia, è legittimo pensare che, nel caso della carne coltivata, che per sua natura è chiaramente progettata per sostituire un alimento già esistente e comparabile, in particolare sul piano nutrizionale, la Commissione abbia tutto l’interesse a dimostrare un’intensificazione dei controlli coinvolgendo anche l’EFSA, soprattutto in virtù delle implicazioni sociali, economiche e culturali che questo prodotto avrebbe sull’opinione pubblica e sul mercato.
Gli Stati Membri, infatti, come già precisato, sono messi al corrente delle richieste di aggiornamento dell’elenco sin dal momento di avvio della procedura, ed è molto probabile che nel caso della carne coltivata esercitino una notevole pressione sulla Commissione.

Una volta ottenuto il parere dell’EFSA, o, nel caso in cui non sia stato richiesto, a partire dalla ricezione della domanda, la Commissione dovrà presentare entro 7 mesi al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi un progetto di atto di esecuzione che autorizza l’immissione sul mercato dell’Unione del nuovo alimento e aggiornare l’elenco dei novel food.
Nel redigere la proposta, la Commissione deve tenere in considerazione, oltre a quanto già detto, anche di tutti gli altri fattori legittimi pertinenti alla domanda e del principio di precauzione.
Il principio di precauzione, infatti, è uno dei principi cardine su cui si basano le politiche europee tanto da essere stato inserito all’art 191 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea)6https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:l32042.
Esso garantisce la salvaguardia della salute umana, animale o vegetale e la protezione dell’ambiente nel caso in cui i dati scientifici a disposizione in un determinato contesto non consentano una valutazione certa dei rischi, facendo propendere le scelte sempre nell’ottica di maggior tutela per l’essere umano, gli altri esseri viventi e l’ecosistema.
Tale principio è stato ripreso dalla regolamentazione relativa a diversi settori, tra cui l’articolo 7 del Regolamento n. 178/20027Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. che ha posto le basi della legislazione alimentare europea e istituito l’EFSA.
Questo principio generale, declinato nel settore della sicurezza alimentare, prevede che, nel caso in cui permangano incertezze sul piano scientifico in merito alla possibilità di effetti dannosi per la salute umana di un alimento, possono essere adottate misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che l’Unione Europea persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche.
Tali misure, sulla base del secondo comma dello stesso articolo, consistono nelle restrizioni al commercio necessarie a raggiungere il livello elevato di salute all’interno dell’Unione e devono essere proporzionate a tale scopo.
Nel caso in cui il Comitato interno all’EFSA esprima un parere positivo, la Commissione può procedere adottando il progetto di atto di esecuzione.
Tuttavia, le applicazioni delle prescrizioni del Regolamento Novel Food andrebbero oltre la mera previsione della carne coltivata nell’elenco.
L’articolo 24, infatti, dispone che la Commissione possa prevedere obblighi di monitoraggio successivi all’immissione sul mercato per motivi di sicurezza alimentare, anche sulla base del parere espresso dall’EFSA.
Tali obblighi di monitoraggio possono includere anche l’identificazione degli operatori del settore alimentare che hanno immesso sul mercato il nuovo alimento.
Questi ultimi, inoltre, in base a quanto disposto dall’articolo 27, saranno tenuti a informare immediatamente la Commissione nel caso in cui vengano a conoscenza di una nuova informazione scientifica o tecnica idonea a influire sulla valutazione della sicurezza del nuovo alimento o anche di qualsiasi divieto o restrizione imposti da un paese terzo in cui il nuovo alimento era già immesso sul mercato.

Questo quadro normativo, che vede il coinvolgimento di molteplici organi deputati alla salvaguardia della sicurezza del mercato alimentare dell’Unione, è di per sé idoneo a garantire che, nel caso in cui la carne coltivata fosse effettivamente pericolosa per la salute umana, non potrebbe e non verrebbe immessa nel mercato.
Tuttavia, se si pensa alle particolari modalità di produzione della carne coltivata, risulta evidente che vi siano ulteriori prescrizioni applicabili alla sua immissione nel mercato e che impatterebbero anche sulla commercializzazione.
Gli operatori del settore, infatti, dovrebbero agire facendo riferimento non più alla «buona tecnica agraria» ma alle regole relative alle «buone pratiche di laboratorio», così come armonizzate dalla Direttiva 2004/108Direttiva 2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione dei principi di buona pratica di laboratorio e al controllo della loro applicazione per le prove sulle sostanze chimiche., oltre, ad esempio, alla normativa in materia di prove tossicologiche, disciplinate dal Regolamento n. 1907/20069Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 , concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE..
Il quadro normativo di riferimento potrebbe includere, in considerazione delle tecniche e dei materiali utilizzati, anche la disciplina riservata agli organismi geneticamente modificati e in particolare il Regolamento 1829/03 relativo agli alimenti «prodotti a partire da o che contengono ingredienti prodotti a partire da Ogm» e i mangimi «prodotti a partire da Ogm»10Ibid.. La normativa applicabile, quindi, trascende quella molto chiara del Regolamento sui novel foods, che disciplina principalmente le modalità di immissione nel mercato europeo, e ricomprende anche quella di ambiti vicini e analogamente innovativi facendo propendere per un’apertura senza timore verso quest’innovazione.

Note

  • 1
    https://www.nature.com/articles/s43016-021-00419-1
  • 2
    https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e03.pdf, https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e00.htm, https://www.fao.org/3/a0701e/a0701e04.pdf, https://www.fao.org/gleam/dashboard-old/en/, https://www.nature.com/articles/s43016-021-00358-x
  • 3
    https://gfi.org/wp-content/uploads/2021/03/cultured-meat-LCA-TEA-policy.pdf, https://gfi.org/resource/cultivated-meat-lca-and-tea-policy-recommendations/
  • 4
    Sirsi, E.: “Della carne degli animali e del consumo etico”, Agricoltura – Istituzioni – Mercati, n. 1/2018, ISSN 1828-194X, ISSNe 1971-8373, ricevuto il 20 febbraio 2020 e accettato per la pubblicazione il 9 marzo 2020.
  • 5
    Sul tema si veda, per un maggiore approfondimento, “Si fa presto a dire entomofagia” di Alessia Colaianni, pubblicato il 15 novembre 2022 per Animal Law Italia.
  • 6
    https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:l32042
  • 7
    Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
  • 8
    Direttiva 2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione dei principi di buona pratica di laboratorio e al controllo della loro applicazione per le prove sulle sostanze chimiche.
  • 9
    Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 , concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE.
  • 10
    Ibid.

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