La legge vieta la soppressione di animali, tranne in specifici casi

Il proprietario non può chiedere di far sopprimere il proprio cane o gatto, né il veterinario è tenuto a farlo su richiesta del proprietario.
Avv. Elisa Scarpino

Avv. Elisa Scarpino

Responsabile rivista online "Diritto degli animali. Profili etici, scientifici e giuridici".

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La normativa vigente in Italia vieta la soppressione degli animali, salvo casi di particolare e comprovata gravità. Ciò significa che il proprietario di un animale non può, con leggerezza e/o a seconda delle sue necessità, prendere la decisione di far sopprimere il proprio cane o gatto né può farlo, sulla scorta delle medesime motivazioni, il medico veterinario che in nessun caso è tenuto a sopprimere un cane su richiesta del proprietario. Quest’ultimo ha, infatti, un ruolo fondamentale nel garantire il rispetto della tutela e del benessere degli animali.

Vediamo quali sono le disposizioni che regolano la materia.

Innanzitutto va menzionata la Legge n. 189/04, normativa che ha inserito nel codice penale i reati contro il sentimento degli animali, la quale punisce qualsiasi uccisione provocata per crudeltà o in assenza di necessità.

In assenza di necessità come, ad esempio, nel caso di una malattia incurabile, la soppressione dell’animale diviene non soltanto illegittima ma anche illegale e suscettibile di conseguenze deontologiche per il veterinario che proceda in assenza dei requisiti di legge, ma anche penali per tutti i soggetti coinvolti. Chiunque dovesse sopprimere un animale, quale esecutore o mandante, infatti, commetterebbe il reato previsto dall’art. 544 bis c.p., “Uccisione di animali“, punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

Con riguardo, invece, ai cani randagi ed a quelli presenti nei canili o rifugio dobbiamo guardare alla Legge n. 281/91, “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”, che, all’art. 2, vieta la soppressione degli animali randagi e prevede che i cani presenti in canili e rifugi possano essere soppressi solo se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.

Il primo criterio che la disposizione menzionata prende in considerazione è la grave malattia dell’animale. Sono tali i soggetti affetti da gravi patologie, inguaribili, nelle quali l’organismo non reagisce più ai farmaci e nelle malattie in stadio terminale. Non rientrano in questo caso cani con malattie croniche che possono essere tenute a bada da adeguata terapia farmacologica.

Per animali incurabili, secondo elemento che prevede la norma, si intendono, invece, gli animali in grave stato di sofferenza per i quali non è praticabile nessuna terapia medica ovvero vi è la compromissione dello stato di salute e grave sofferenza dell’animale non suscettibile di guarigione con impraticabilità di qualsiasi trattamento terapeutico. Solo se inevitabile e nell’interesse dell’animale, in altri termini.

Infine, si parla di comprovata pericolosità. Ebbene, la pericolosità alla quale ci si riferisce è quella ricollegabile agli articoli 86, 87 e 91 del Regolamento di Polizia Veterinaria, approvato con D. P. R. 320/1954, e fa riferimento ad animali che abbiamo contratto una malattia infettiva, come un’infezione rabica, o che siano stati morsi da questi. Tali animali devono essere comunque tenuti sotto osservazione e non devono essere soppressi se il loro mantenimento in vita può essere assicurato senza pericolo.

Altra situazione di comprovata pericolosità può venire in essere in presenza di morso o di aggressione. In questa ultima ipotesi i servizi veterinari dovranno effettuare una precisa valutazione nonchè imporre apposite prescrizioni, e, se del caso, attivare un percorso di recupero comportamentale con valutazione finale e dei risultati e della capacità del proprietario. Qualora il cane venga ritenuto di “comprovata pericolosità”, oltre ogni ragionevole dubbio e passando ancora per un iter burocratico specifico, potrà essere applicata l’eutanasia o la detenzione dell’animale in strutture adeguate.

Solo entro tali termini l’animale potrebbe essere avviato ad eutanasia. Infatti, qualora si verifichino le condizioni appena elencate e, si veda bene, solo in termini di eccezionalità, l’unico modo previsto per la soppressione rimane il solo metodo eutanasico allo scopo di alleviare le sofferenze dell’animale.

Tale eccezionalità è ribadita dalla Circolare esplicativa n. 9/92 del Ministero della Sanità secondo la quale «è vietata la soppressione di cani se non in casi particolari e giustificati».

Anche le regioni hanno disciplinato questa materia. La Legge Regionale della Lombardia del 30 dicembre 2009 n. 33, all’art. 109, “Eutanasia”, ad esempio, ribadisce: «I cani, i gatti e gli altri animali di affezione ricoverati nelle strutture sanitarie e rifugi e i gatti che vivono in libertà possono essere soppressi solo se gravemente malati e incurabili, se affetti da gravi sofferenze o in caso di loro comprovata pericolosità. 2. La soppressione è effettuata ad opera di medici veterinari, con metodi eutanasici che non arrechino sofferenza all’animale, preceduti da idoneo trattamento anestetico. 3. Ciascuna struttura tiene un registro degli animali soppressi in cui sono specificati la diagnosi e il motivo della soppressione».

È noto l’amore del cane per il suo padrone; e tutti sanno che nell’agonia della morte, egli accarezza il suo padrone.

Charles Darwin

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