Collare elettrico: le gravi sofferenze non possono essere presunte

La grave sofferenza sussiste in presenza di una condotta tale da «incidere sensibilmente sull'integrità psico-fisica dell'animale» – Nota a Cass. pen. 30155/17
Avv. Annalisa Gasparre

Avv. Annalisa Gasparre

Avvocato, dottore di ricerca, vanta una decennale esperienza nel settore della tutela degli animali e dei soggetti deboli. Sito internet

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Il Tribunale di Vasto ha condannato l’imputato ad una ammenda per aver tenuto legato al collo di due cani di sua proprietà un collare elettronico acceso e funzionante, costringendoli a sofferenze incompatibili con la loro natura.

Secondo il condannato – che ha proposto ricorso per Cassazione – non sarebbe stata raggiunta la prova delle modalità di utilizzo del suddetto collare e, conseguentemente, dei “maltrattamenti” arrecati al cane.

La Corte di Cassazione chiarisce che la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 727 c.p., con riferimento all’ipotesi prevista dal secondo comma che punisce la condotta di chi «detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze», ricorre, secondo quanto emerge dalla littera legis, in presenza della duplice condizione di incompatibilità dello stato di detenzione dell’animale con la sua natura e dell’idoneità della medesima a provocare gravi sofferenze: entrambe le condizioni configurano elementi costitutivi del reato.

Il parametro normativo della natura degli animali in base al quale la condotta di detenzione – termine questo che non implica necessariamente una condizione di cattività, essendo all’uopo sufficiente il possesso implicante mansioni di custodia, come di norma avviene per gli animali domestici – si pone come contraria e perciò assume valenza illecita, si ricava dal patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre specie, dalle acquisizioni delle scienze naturali. Il secondo parametro (la grave sofferenza) sussiste in presenza di una condotta tale da «incidere sensibilmente sull’integrità psico-fisica dell’animale» o «sulla sua sensibilità producendogli un dolore».

Nel caso di specie, la motivazione non contiene considerazioni e valutazioni che consentano un accertamento concreto ma si limita a presumere i patimenti (rectius, le gravi sofferenze), «senza alcuna verifica della qualità, della portata e dell’intensità delle scariche azionate attraverso il telecomando di cui era in possesso l’imputato, di cui pertanto non sono state appurate le modalità di utilizzo».

La sentenza di condanna è stata annullata per vizio di motivazione, con rinvio per nuovo giudizio.

Sul tema, volendo, Gasparre, Diritti degli animali. Antologia di casi giudiziari oltre la lente dei mass media (Key editore).

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