Uccide un gatto della vicina, condannato a pagare 7.000 euro di ammenda

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Avv. Alessandro Ricciuti

Presidente di Animal Law Italia.

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La Cassazione ha recentemente respinto il ricorso di un imputato condannato alla pena di € 7.000,00  di ammenda per aver esploso, in più occasioni e con un fucile ad aria compressa, alcuni colpi verso i gatti che vivono nel giardino di proprietà di una vicina, provocando la morte di uno degli animali.

La Suprema Corte ha quindi reso definitiva la condanna, già confermata in appello,  pronunciata dal Tribunale di Genova, il quale aveva accertato che tale comportamento costituiva una reazione dell’imputato ad una situazione di fastidio, determinato proprio dalla presenza dei felini nel giardino confinante. La ricostruzione delle modalità della condotta, che costituisce una reazione non necessaria e sproporzionata ai “fastidi” subiti, lascia quindi supporre che l’imputato mirasse proprio all’uccisione degli animali. Né era stata creduta la circostanza, addotta dalla difesa, secondo cui egli avesse mirato ad un bersaglio nel proprio giardino.

La Cassazione ha quindi riconosciuto che il Tribunale aveva effettuato un corretto bilanciamento degli interessi rilevanti, valutando complessivamente le modalità della condotta e l’esito della stessa. Pertanto, se da un lato il fatto che un solo animale fosse rimasto ucciso aveva indotto il giudice ad applicare la sola pena pecuniaria, dall’altro l’uso dell’arma da fuoco e la ripetitività delle condotte potenzialmente lesive aveva fatto sì che questi ritenesse di applicare una pena superiore al minimo e di non concedere le attenuanti generiche.

Probabilmente qualcuno potrà storcere il naso, pensando che la vita dell’animale venga valutata così poco e che il colpevole non debba subire nemmeno un giorno di galera. Tuttavia, bisogna considerare che la pena prevista per l’uccisione di animali dall’art. 544-bis del codice penale è la reclusione da quattro mesi a due anni, che rientrano nel limite per la concessione della sospensione condizionale della pena. Pertanto, con l’attuale formulazione della norma è difficile che per questi reati si vada in galera, salvo la presenza di aggravanti, il concorso di altri reati o qualora siano già state riportate nei cinque anni anteriori condanne per delitti simili. Inoltre, occorre considerare che, nel caso di specie, all’ammenda si sommano le spese legali per i tre gradi di giudizio, oltre alla condanna a versare € 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Nel complesso, quindi, si tratta di una condanna che ha comunque la forza necessaria per fungere da deterrente nei confronti di coloro che intendano porre in essere comportamenti simili.

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