Compassion in World Farming

Una transizione a sistemi di allevamento fuori gabbia necessaria, urgente e possibile: l’impatto negli allevamenti suinicoli

La Commissione Europea proporrà una transizione a sistemi di allevamento fuori gabbia entro il 2023. Quali saranno gli investimenti richiesti alle aziende che utilizzano suini?
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Vera Zigiotto

Laureata presso l'Università degli Studi di Padova con una tesi in diritto dell'Unione Europea relativa al benessere animale e alla macellazione rituale a livello comunitario. Attualmente lavora come praticante avvocato presso uno studio legale di Vicenza. Nel tempo libero collabora con associazioni animaliste che si occupano di promuovere l'avanzamento della tutela legale degli animali.

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Quale effetto dell’accresciuta attenzione scientifica e istituzionale verso il rispetto del benessere animale, si registra negli ultimi anni un sensibile aumento di interesse dei consumatori europei verso la salute degli animali, il loro benessere psico-fisico e, più in generale, la sostenibilità delle produzioni agroalimentari, reso evidente dagli ultimi sondaggi di opinione promossi dalle istituzioni europee con riferimento diretto alle tematiche relative al benessere animale. L’indagine più recente è stata condotta nel 2015 su un campione di quasi trentamila cittadini europei: la stragrande maggioranza di essi è risultata favorevole al rafforzamento della protezione degli animali da allevamento, all’introduzione di standard che garantiscano un elevato livello di benessere per gli animali importati o sfruttati per la preparazione dei prodotti da essi derivati, e all’adozione di una normativa europea in materia di benessere animale (European Commission, Attitudes of Europeans towards Animal Welfare, marzo 2016). Gli intervistati hanno dimostrato inoltre di essere disposti a cambiare abitudini sui propri acquisti, anche a fronte di un carico di spesa maggiore, preferendo prodotti che tutelano maggiormente gli animali. Tale risultato è la conferma di una tendenza già evidenziata con la prima indagine Eurobarometro del 2005, il primo sondaggio europeo sul benessere animale che ha coinvolto tutti gli allora 25 Stati membri (European Commission, Special Eurobarometer 229, Attitudes of consumers towards the welfare of farmed animals, giugno 2005), dal quale emerse come già il 57% della popolazione fosse disposto a modificare le proprie attitudini di acquisto. I cittadini europei sembrano inoltre essere sempre più coscienti del fatto che la protezione del benessere degli animali incide direttamente sulla qualità dei prodotti che da essi derivano.
Si può quindi affermare che, soprattutto negli ultimi anni, si sta registrando una forte spinta verso la richiesta di garanzie di tutela degli animali da parte dei cittadini europei, a cui corrisponde un crescente aumento di sensibilità e consapevolezza verso il tema del benessere animale.

Rilevata la crescita di interesse e consapevolezza verso la necessaria protezione degli animali, è opportuno considerare come questi risultati possano combinarsi con il potere di iniziativa legislativa attribuito ai cittadini europei, un mezzo fondamentale di partecipazione diretta alle politiche europee, che consente ai cittadini stessi di richiedere alla Commissione l’adozione di atti normativi. La Citizens’ Initiative è già stata utilizzata dai cittadini europei in tema di benessere animale. Con l’iniziativa End The Cage Age si è richiesto alla Commissione Europea di adottare disposizioni che vietino l’utilizzo di gabbie, considerate trattamenti inumani e non necessari. In risposta a tale istanza proveniente dai cittadini europei, il 30 giugno 2021 la Commissione si è impegnata ad adottare entro il 2023 una proposta di legge per il graduale superamento delle gabbie, con riferimento a tutte le specie menzionate dall’iniziativa.

Una volta presentata, la proposta legislativa dovrà essere sottoposta alla valutazione del Consiglio dell’Unione Europea: si richiede perciò che l’Italia si impegni a sostenere questa transizione. L’obiettivo di tale iniziativa è quello di arrivare entro il 2027 al divieto totale dell’impiego di gabbie nell’Unione Europea.

Il report di CiWF Italia: i costi di transizione verso un sistema cage-free nell’allevamento delle scrofe

La maggior parte delle scrofe è destinata a rimanere all’interno di apposite gabbie di gestazione per circa quattro settimane all’inizio della gravidanza. Nella settimana che precede il parto le scrofe sono poi rinchiuse in apposite gabbie (le gabbie di allattamento) per ulteriori cinque settimane. Pertanto le scrofe possono finire per trascorrere in gabbia metà della propria vita.

Compassion in World Farming (CIWF) ha commissionato nel 2021 uno studio a CRPA – Centro Ricerche Produzioni Animali, presentato a fine giugno 2022 in un evento della coalizione End the Cage Age a Roma, che dimostra che la transizione verso un sistema cage-free per le scrofe è fattibile, oltre che doverosa. Vietare l’uso di gabbie può essere considerato un obiettivo fondamentale che si pone nel solco di una tendenza, sempre crescente, di maggior tutela per il benessere animale. È peraltro ormai noto che il modo in cui gli animali sono allevati incida direttamente non solo sul loro benessere ma anche sulla salute umana, come l’epidemia di Covid-19 ha drammaticamente messo in luce. D’altra parte si può senza dubbio affermare che il benessere animale dipenda in gran parte dalle strutture d’allevamento e va considerato altresì come elemento fondamentale per la redditività dell’impresa zootecnica. È inoltre opportuno sottolineare che l’Italia è indietro rispetto ad altri Paesi europei come la Francia, la Germania, l’Austria e la Repubblica Ceca, i quali hanno già adottato provvedimenti contro le gabbie.

Il report pubblicato da CIWF si occupa di calcolare i costi di transizione verso un sistema di allevamento cage-free prendendo come punto di riferimento tre regioni italiane con la massima presenza di suini rispetto al totale nazionale: l’area di indagine pertanto riguarda principalmente Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, in cui vengono allevati il 77,3% dei suini totali e il 64,6% delle scrofe (il numero di scrofe ammonta a 335.212). Il report in questione chiarisce anzitutto la distinzione tra settore di gestazione e settore di maternità, intendendosi con il primo il settore ospitante le scrofe non allattanti, le scrofette e i verri, il quale è diviso in due reparti che fanno riferimento a due fasi: la prima comprendente i periodi di attesa, calore e copertura fino alla fase dell’accertamento positivo della gravidanza, e la seconda propriamente detta di gestazione che si conclude con l’ingresso delle scrofe in sala parto. Per quanto concerne tale settore, nel report viene chiarito che: “l’attuale normativa (d.lgs. n. 122/2011) stabilisce che le scrofe gestanti vengano tenute in gruppo dalla 4a settimana dopo la fecondazione fino all’ingresso in sala  parto, circa una settimana prima della data prevista del parto”; inoltre le scrofe gestanti devono disporre di una superficie libera totale di almeno 2,25 m2.

Per quanto riguarda il secondo settore cosiddetto “di maternità” il report chiarisce che: “non esistono disposizioni specifiche relative alla stabulazione per il periodo che la scrofa trascorre in sala parto; quindi, il box parto tradizionale con scrofa in gabbia fino allo svezzamento dei suinetti (lattonzoli) è consentito dalla normativa vigente”. Il box “parto-allattamento” deve comunque presentare determinati requisiti: all’interno esso si divide normalmente in un’area dedicata alla scrofa e aree predisposte per i lattonzoli, con diverse aree funzionali dedicate ad esempio all’alimentazione e all’abbeveramento; sono inoltre previsti sistemi per la protezione dei lattonzoli come barre anti-schiacciamento o pareti inclinate.
La larghezza della gabbia è di 0,60-0,65 metri e la lunghezza è di circa 1,8 metri. Il report chiarisce come le caratteristiche delle gabbie appena evidenziate possano modificare il naturale comportamento degli animali, i quali possono manifestare comportamenti anomali o addirittura aggressivi in quanto spesso tali sistemi risultano coercitivi e privi di stimoli per l’animale, il quale non può liberamente esprimere le proprie caratteristiche specie-specifiche. Le condizioni di allevamento oltre ad incidere sul benessere dell’animale possono altresì pregiudicare la produttività dell’azienda zootecnica, incidendo sulle diverse fasi di allevamento.

Il report in questione evidenzia come il costo totale d’investimento per il passaggio ad un sistema cage-free ammonterebbe a circa 907 milioni di euro, dei quali circa 612 per la Lombardia, circa 159 per il Piemonte e circa 136 per l’Emilia-Romagna. Il solo adeguamento dei reparti di gestazione comporterebbe una spesa totale di circa 170 milioni di euro, mentre l’adeguamento dei soli reparti di maternità porterebbe a una spesa totale molto maggiore, pari a circa 737 milioni di euro.

In conclusione l’indagine ha dimostrato che gli interventi di ammodernamento potrebbero essere particolarmente onerosi per quanto concerne le nuove costruzioni, piuttosto che per gli interventi di ristrutturazione delle strutture esistenti: “un allevamento a ciclo chiuso o da riproduzione può arrivare a spendere fino a 3.000 € per scrofa presente per la ristrutturazione delle proprie porcilaie; in particolare, si possono spendere circa 600 €/scrofa per le strutture di gestazione (1a fase) e circa 2.400 €/scrofa per quelle di maternità, con un incremento del costo di produzione del suino pesante che può arrivare a circa 15 €/capo o a 8,5 € cent per 1 kg di peso vivo venduto”.

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