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Via libera all’iscrizione in anagrafe zootecnica di maiali non destinati alla produzione di alimenti

Daria Vitale

Daria Vitale

Responsabile animali allevati.

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La disciplina

È stata resa finalmente disponibile la possibilità di censire in anagrafe zootecnica suini o cinghiali non destinati alla produzione di alimenti. La notizia è stata comunicata con una nota resa pubblica sul sito del Ministero della salute, attraverso il portale dedicato al Sistema informativo veterinario.

A partire dal 30 marzo 2022, in attuazione di quanto disposto dal Commissario straordinario alla peste suina africana con ordinanza n. 1/2022, per gli allevamenti suini (cinghiali e maiali) viene introdotta nella banca dati nazionale (BDN) per le anagrafi zootecniche l’orientamento produttivo “NON DPA” «da utilizzare per censire gli stabilimenti in cui sono detenuti, anche temporaneamente e/o a qualsiasi titolo, cinghiali o suini non destinati alla produzione di alimenti».

Le strutture che detengono suini in tutto e per tutto come animali da compagnia rappresentano una realtà ampiamente diffusa, la cui mancata identificazione aveva posto seri problemi nella gestione della fase emergenziale originata dalla diffusione della peste suina africana (PSA) sul territorio italiano.

La febbre suina africana

L’ordinanza n. 1/2022 rientra tra le azioni adottate al fine di gestire la capillare diffusione della PSA, che a partire dal gennaio 2022 ha indotto all’introduzione di misure straordinarie atte a contrastare questa malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale per gli animali. Questa patologia emorragica, che a livello internazionale è ormai presente in diversi territori del mondo (tra gli altri: Cina, India, Filippine, Sud-Est asiatico e Oceania) ha avuto origine nelle zone caucasiche, raggiungendo quelle europee nel 2014 diffondendosi in alcuni paesi dell’Est Europa. Dopo Ucraina, Lituania, Paesi Baltici e Polonia è cresciuto il numero dei paesi afflitti dalla sua presenza. Tra il 2016 e il 2018 il fronte epidemico ha interessato Moldavia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Bulgaria e Belgio, estendendosi nel biennio successivo a Serbia, Grecia e Germania. In Italia, fino al gennaio 2022, la PSA era stata registrata al solo interno dei confini della Sardegna, ma una positività rilevata in Piemonte su un cinghiale trovato morto ad Ovada (AL) ha dato avvio ad uno stato emergenziale che ha presto coinvolto diverse aree del territorio nazionale. Le analisi condotte sul virus hanno attestato la sua rispondenza genetica alla tipologia virale diffusa in Europa, differente da quella finora registrata in Sardegna.

Non si tratta delle prime misure adottate in Italia, infatti, in considerazione della situazione epidemiologica europea, a partire dal 2020 è stato adottato un piano di Sorveglianza nazionale, in conformità alla strategia di prevenzione e controllo elaborata a livello comunitario. I piani predisposti prevedevano già azioni di sorveglianza passiva delle popolazioni di cinghiali selvatici, e degli allevamenti di suini, ma il mutamento dello stato epidemiologico ha richiesto l’intervento di nuove misure.

Nel gennaio 2022, a seguito della conferma della presenza del virus nei selvatici in zone territoriali ai confini tra Piemonte e Liguria, il Ministero della Salute, di intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, disponeva il divieto dell’attività venatoria, nonché di quelle che differentemente potessero comportare l’interazione diretta o indiretta con cinghiali infetti o potenzialmente infetti, costituendo queste un rischio concreto per la diffusione del virus. Con la circolare ministeriale del 18.01.2022 venivano inoltre individuate le modalità di ricerca, gestione e smaltimento delle carcasse, in ottemperanza alle misure di biosicurezza necessarie per scongiurare una rapida diffusione del virus. Contestualmente tuttavia, oltre a disporsi l’obbligatorio censimento di tutti gli stabilimenti che detenesse suini, compresi quelli non registrati che detenessero a qualsiasi titolo cinghiali, si disciplinavano per la zona infetta la macellazione immediata “dei suini detenuti all’interno di allevamenti bradi e semibradi e allevamenti misti che [detenessero] suini, cinghiali o loro meticci”, nonché di quelli “detenuti all’interno degli allevamenti familiari”.

Colmata una lacuna normativa

L’adozione di questa misura ha messo in luce tutte le criticità poste dalla lacuna normativa che fino ad oggi non permetteva ai detentori di suidi non destinati alla produzione alimentare di censire i propri animali in una categoria dedicata, sollevando la preoccupazione di moltissimi soggetti che a vario titolo convivono con cinghiali, maialini vietnamiti e affini. A seguito delle intimazioni mosse ad alcuni detentori perché provvedessero alla macellazione dei propri animali domestici la Lega Anti Vivisezione chiedeva chiarimenti al Ministero, ai quali era data risposta affermando che la circolare “del 18 gennaio 2022 non prescrive l’abbattimento preventivo di tutti i suini detenuti in zona infetta da PSA e nell’area con essa confinante quanto piuttosto la sola macellazione (immediata e programmata) dei suini detenuti per la produzione di alimenti per uso umano”. Veniva riconosciuto infatti come nonostante “il Regolamento (UE) 2016/429 non contempli il suino tra le specie di animali da compagnia elencate nell’allegato I dello stesso […] in alcune realtà̀ sporadiche comprovate, suidi vengono detenuti per finalità̀ diverse dalla produzione zootecnica o alimentare, [pertanto] si ritiene derogabile la procedura di macellazione per questi ultimi, purché sia garantito il rigoroso rispetto di tutte le misure di biosicurezza utili ad evitare l’infezione da PSA e la sua diffusione”. Tra queste:

  • la contenzione, il controllo degli animali e l’assenza di contatti, diretti o indiretti, con altri suini, sia domestici che selvatici;
  • se all’aperto, la custodia in aree efficacemente recintate;
  • l’osservanza di rigorose norme di biosicurezza, provvedendo al lavaggio e disinfezione delle mani e delle calzature all’ingresso dei locali in cui sono tenuti i suini, evitando ogni contatto diretto o indiretto con altri suini domestici e loro detentori nonché con suini selvatici e con i cacciatori, nonché l’alimentazione dei suini con rifiuti alimentari potenzialmente contaminati o alimenti a base di carne suina.

La nota ministeriale prodotta in risposta all’istanza di LAV concludeva:

«Si coglie l’occasione per informare le SS.LL. che è in via di definizione un provvedimento ministeriale finalizzato alla corretta registrazione di questa categoria di suini e dei loro proprietari nella banca dati nazionale informatizzata (BDN), per assicurare l’assolvimento degli obblighi previsti dalla vigente normativa comunitaria e nazionale in materia di identificazione e registrazione degli animali».

Questi i pregressi che hanno condotto all’Ordinanza n. 1/2022 del Commissario straordinario alla peste suina africana con il quale la nuova dicitura “NON DPA” ha fatto ingresso all’interno del sistema atto a censire la popolazione suinicola italiana.

Cosa prevede l’ordinanza

Le misure dell’ordinanza 1/2022 attuate mediante l’inserimento in BDN dell’orientamento produttivo “NON DPA” prevedono:

a) Per la zona infetta l’individuazione di ogni struttura non registrata in BDN che detenga, anche temporaneamente e/o a qualsiasi titolo, cinghiali o suini anche non destinati alla produzione di alimenti; l’esclusione dei suini detenuti non a scopi alimentari tra quelli soggetti all’obbligatorio abbattimento entro 15 giorni dall’emanazione dell’ordinanza

b) Nei comuni e nelle zone soggette a diverse specifiche restrizioni l’individuazione di ogni struttura non registrata in BDN che detenga, anche temporaneamente e/o a qualsiasi titolo, cinghiali o suini anche non destinati alla produzione di alimenti

c) Per tutto il territorio nazionale l’individuazione di stabilimenti non registrati in BDN comprese le realtà allevatoriali a conduzione familiare che detengono a qualsiasi titolo anche in modo temporaneo suini inclusi cinghiali.

Si conclude positivamente una vicenda che, sorta da una crisi epidemiologica in corso, ha condotto ad un avanzamento concreto della tutela giuridica offerta ai suidi detenuti in cattività su tutto il territorio nazionale. L’inserimento all’interno della BDN di una dicitura riservata a realtà che differiscano dallo sfruttamento animale a scopi alimentari costituisce di fatto il riconoscimento giuridico di una categoria finora negletta, che da oggi potrà trovare una più compiuta tutela ad opera del legislatore. La misura così adottata non è destinata ad una permanenza transitoria, ma se mai a costituire un’importante precedente, occasione per la necessaria considerazione di realtà che necessitano di essere compiutamente validate.

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