La particolare tenuità del fatto e i reati contro gli animali

La crudeltà quale elemento idoneo a escludere l'applicazione della particolare tenuità del fatto nell'ambito dei reati commessi nei confronti degli animali.
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Avv. Elisa Scarpino

Responsabile rivista online "Diritto degli animali. Profili etici, scientifici e giuridici".

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L’articolo 131 bis del codice penale, rubricato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” e introdotto con Legge n. 67/20154, prevede per i reati per i quali sia prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, che la punibilità sia esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulti non abituale.

Ciò dunque significa che il reato si sia perfezionato in tutti i suoi elementi costitutivi, ma venga ritenuto non punibile per le ragioni di proporzione indicate dalla norma e sottese alla sua introduzione.

Ebbene, sappiamo che i reati commessi nei confronti degli animali, contenuti nel Titolo IX bis del codice penale “Dei delitti contro il sentimento degli animali”, hanno, attualmente, dei limiti edittali inferiori a quelli richiesti dalla norma che stiamo esaminando.

Tuttavia, il secondo comma dell’art. 131 bis c.p. precisa che l’offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuità quando l’autore abbia agito per motivi abietti o futili o con crudeltà, anche in danno in danno di animali, o abbia adoperato sevizie.

La crudeltà, in particolare, va valutata come modalità della condotta e non solo come requisito del dolo del reato commesso. Ciò significa che non è necessario lo scopo della crudeltà, ma può avere rilievo anche la mera indifferenza del soggetto agente ad atti di per sé oggettivamente crudeli.

Possiamo, in particolare, riportare la decisione della Corte di Cassazione, resa con sentenza n. 49791, sezione Terza Penale, del 9 dicembre 2019, che, nel confermare la condanna a carico di un proprietario che aveva rinchiuso gli animali in gabbie sporche ed esposte alle intemperie, valutando non sufficiente che gli stessi fossero ben nutriti, ha ritenuto adeguata la decisione con la quale il Tribunale ha escluso il proscioglimento per il fatto di particolare tenuità, poiché il Giudice ha valorizzato la circostanza della crudeltà agita nei confronti degli animali.

Il Tribunale di Termini Imerese accertava, nel caso di specie, che i cani, sebbene nutriti a sufficienza, si trovavano in recinti privi di regolare apertura, chiusi con una rete metallica arrugginita e con vari spuntoni pericolosi, con superficie in terra battuta ricoperta da escrementi stratificati ed impregnata delle deiezioni liquide degli animali, divenuta fanghiglia a causa delle condizioni atmosferiche e riparati solo in parte in modo rudimentale da pannelli coibentati e fogli di lamiera precari del tutto inadatti a proteggere i cani dagli agenti atmosferici. Il Tribunale ha quindi correttamente osservato, afferma la Cassazione, che la circostanza di tenere i cani chiusi nel recinto, ricoperti da escrementi, al freddo, in mezzo al fango e alla sporcizia, costituisse una condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 727, secondo comma, c.p., trattandosi di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di sofferenza.

Infine, essendo la vita dell’animale un bene indisponibile, se non per determinati motivi previsti dalla legge, l’uccisione non necessitata comporterà sempre un danno irreversibile nei confronti del bene giuridico tutelato, ovvero l’animale e il sentimento nei confronti di esso che si mira a tutelare, e non potrà evidentemente considerarsi quale un danno esigue.

Foto di copertina: Vladstudioraw su iStockphoto

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