Si può affidare in via diretta la gestione del servizio di cattura e cura dei cani randagi?

La vicenda nata dal ricorso di un'altra associazione, che lamentava di non essere stata coinvolta nella trattativa per l'affidamento del servizio.
Avv. Annalisa Gasparre

Avv. Annalisa Gasparre

Avvocato, dottore di ricerca, vanta una decennale esperienza nel settore della tutela degli animali e dei soggetti deboli. Sito internet

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Con determinazione dirigenziale un Comune lombardo affidava in via diretta ad un’associazione la gestione del servizio di cattura, mantenimento e cura dei cani vaganti e randagi, da svolgersi presso la struttura autorizzata come canile rifugio. L’affidamento, di importo pari a € 105.000,00, concerneva il periodo 1° ottobre 2016 – 30 settembre 2017.

Un’altra associazione impugnava il provvedimento denunciandone l’illegittimità e concludendo per l’annullamento degli atti della procedura e la dichiarazione di inefficacia del contratto per l’effetto stipulato. In particolare, si lamentava di non essere stati coinvolti nella trattativa per l’affidamento del servizio.

Il TAR Brescia (sentenza 12 maggio 2017, n. 630) accoglieva la domanda.

A ricorrere davanti al Consiglio di stato è il Comune.

L’Amministrazione avrebbe dovuto compiere una preliminare ricognizione dei soggetti da valutare per disporre l’affidamento del servizio nell’alveo di una procedura a evidenza pubblica, soggetti tra cui non poteva non rientrare l’associazione impugnante in primo grado che, peraltro, per oltre dieci anni aveva svolto il servizio e aveva comunicato la propria disponibilità a proseguire la gestione.

Il vizio in cui è incorsa l’amministrazione è quello relativo alla «incompleta individuazione della platea dei soggetti da esaminare nell’ambito dell’affidamento del servizio e così di non rispondenza ai principi di trasparenza e buon andamento degli atti, che pur l’Associazione aveva interesse a far constare, come aspirante all’esecuzione del servizio».

In generale, in tema di randagismo, volendo, Marchese, La tutela del cane randagio nelle pubbliche amministrazioni, Key editore; Gasparre, Randagismo: un fenomeno insidioso, Key editore.

N. 04599/2018 REG.PROV.COLL. N. 05551/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5551 del 2017, proposto da: Comune di Cremona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Edoardo Boccalini, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso Consiglio di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Associazione Zoofili Cremonesi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paola Brambilla, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso Consiglio di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

nei confronti

Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente – A.N.P.A.N.A. Onlus, Società La Cuccia e il Nido s.r.l. (Parco rifugio “la Cuccia e il Nido” di Calvatone), non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA, II, n. 630/2017, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Associazione Zoofili Cremonesi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 5 luglio 2018 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Tozzi, per delega dell’avv. Brambilla;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Il Comune di Cremona, con determinazione dirigenziale n. 1578 del 30 settembre 2016, attuativa degli indirizzi espressi con deliberazione giuntale n. 170 del 21 settembre 2016, affidava in via diretta all’Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente – A.N.P.A.N.A. Onlus la gestione del servizio di cattura, mantenimento e cura dei cani vaganti e randagi, da svolgersi presso la struttura autorizzata come canile rifugio sita nel Parco rifugio “la Cuccia e il Nido” di Calvatone. L’affidamento, di importo pari a € 105.000,00, concerneva il periodo 1° ottobre 2016 – 30 settembre 2017.

L’Associazione Zoofili Cremonesi impugnava tali provvedimenti e quelli connessi a mezzo di ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, denunziandone l’illegittimità sotto vari profili e concludendo per l’annullamento degli atti della procedura e la dichiarazione di inefficacia del contratto per l’effetto stipulato.

Con sentenza 12 maggio 2017, n. 630, il giudice adito accoglieva la domanda, ritenendo fondata la censura con la quale l’Associazione Zoofili Cremonesi aveva lamentato di non essere stata coinvolta nella trattativa per l’affidamento del servizio, con conseguente obbligo da parte dell’Amministrazione comunale di accertare, in contraddittorio, il possesso in capo all’Associazione dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per aspirare all’affidamento della gestione del servizio in parola.

La sentenza riteneva fondato anche il motivo di ricorso con cui l’Associazione Zoofili Cremonesi aveva denunziato la violazione, mediante l’affidamento in concreto a mente dell’art. 8, comma 5, del regolamento della Regione Lombardia 5 maggio 2008, n. 2 (che prevede che il canile rifugio deve trovarsi entro 30 km dal comune appaltante), rilevando sia “che non è discusso tra le parti che la struttura presso la quale dovrebbe essere effettuato il servizio da parte di ANPANA dista più di 30 km dal Comune di Cremona”, sia la non condivisibilità degli assunti opposti dall’Amministrazione in ordine alla possibilità di derogare in via generale o specifica al criterio.                  

La sentenza respingeva infine la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto stipulato tra l’Amministrazione e l’A.N.P.A.N.A., osservando, a fronte dell’interesse pubblico alla prosecuzione dell’esecuzione del servizio, che la parte ricorrente non aveva formulato la domanda di subentro nel contratto.                  

Con l’atto di appello il Comune di Cremona ha domandato la riforma della predetta sentenza, sostenendo:                                                                                 

– la superfluità dell’accertamento del possesso dei requisiti in capo all’Associazione Zoofili Cremonesi, stante la mancanza di disponibilità da parte della medesima di un canile rifugio a norma di legge;             

-l’erroneità della statuizione sulla violazione della distanza massima fissata dal regolamento regionale, per mancato approfondimento delle questioni – comunque assorbite alla luce di quanto appena sopra – enucleate dall’Amministrazione, finalizzate a chiarire che la normativa di settore non regola le modalità di quella misurazione, di talché la norma regolamentare va ritenuta rispettata, atteso che tra il canile e la stazione appaltante intercorrono, in linea d’aria, meno di 30 km. 

Con successiva memoria, il Comune di Cremona ha ulteriormente sviluppato le proprie argomentazioni, esponendo, in radice, la carenza di interesse ad agire dell’Associazione Zoofili Cremonesi, sulla base della nota dell’Agenzia della tutela della salute – ATS Val Padana, datata 11 ottobre 2017, acquisita nel corso di altra procedura, da cui risulta che l’Associazione non risulta detenere nessuno dei due canili rifugio della provincia di Cremona provvisti della autorizzazione, e invocando un parere della Regione Lombardia relativo alla possibilità di misurare la predetta distanza massima di 30 km in termini di “raggio/cerchia”. 

Costituitasi in resistenza, l’Associazione Zoofili Cremonesi ha eccepito la sopravvenuta carenza di interesse dell’Amministrazione alla definizione della controversia, essendo nelle more spirato il termine del convenzionamento disposto con gli atti gravati in primo grado, e avendo il Comune di Cremona indetto una nuova procedura per l’affidamento della gestione del servizio in questione, sub iudice in primo grado, e ha poi sostenuto l’infondatezza dei motivi di appello, concludendo per la reiezione dello stesso.

La controversia è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 luglio 2018.

DIRITTO

1. Con l’atto di appello all’odierno esame il Comune di Cremona contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, 12 maggio 2017, n. 630, che, accogliendo parzialmente il ricorso proposto dall’Associazione Zoofili Cremonesi, non coinvolta nella relativa procedura, ha annullato gli atti con i quali il Comune di Cremona ha affidato in via diretta all’Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente – A.N.P.A.N.A. Onlus, per il periodo 1° ottobre 2016 – 30 settembre 2017, la gestione del servizio di cattura, mantenimento e cura dei cani vaganti e randagi, da svolgersi presso la struttura autorizzata come canile rifugio sita nel Parco rifugio “la Cuccia e il Nido” di Calvatone, per l’importo pari a € 105.000,00.          

2. Attesa l’infondatezza, nel merito, del gravame, il Collegio ritiene di prescindere, per economia processuale, e nei limiti delle coordinate indicate da Cons. Stato, Ad. plen., n. 5/2015, dallo scrutinio della preliminare eccezione, sollevata dall’appellata Associazione Zoofili Cremonesi, di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse ad agire del Comune di Cremona.

3. Con il primo mezzo l’appellante contesta la parte della sentenza che ha affermato che l’Amministrazione doveva effettuare – in sede di ricognizione dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti dal regolamento della regione Lombardia 5 maggio 2008, n. 2, al fine dell’affidamento del servizio di cui sopra, in contraddittorio – una puntuale verifica della posizione dell’Associazione Zoofili Cremonesi.

Per l’appellante, la verifica sarebbe superflua, attesa l’accertata indisponibilità dell’Associazione di un canile rifugio a norma di legge. 

La tesi non convince.

L’accertamento cui si riferisce la sentenza è quello che l’Amministrazione avrebbe dovuto compiere per la preliminare ricognizione dei soggetti da valutare per disporre l’affidamento del servizio nell’alveo di una procedura a evidenza pubblica: soggetti tra cui non poteva non rientrare l’Associazione in parola; la quale, come sottolinea la stessa sentenza, in forza di varie convezioni con l’Amministrazione aveva svolto il servizio per oltre dieci anni, fino al 30 settembre 2016, giorno precedente il nuovo affidamento, e aveva comunicato la propria disponibilità a proseguire la gestione.

Chiarito così il contesto procedimentale e temporale nell’ambito del quale la sentenza appellata ha stigmatizzato la carenza del puntuale esame, è agevole rilevare – in applicazione del principio per cui la legittimità degli atti amministrativi non può che essere effettata tenendo conto della situazione di fatto e di diritto coeva all’adozione dell’atto impugnato (tempus regit actus) – che gli elementi qui esposti dal Comune a sostegno della superfluità di un tale esame non risultano suscettibili di minare le conclusioni della sentenza, che non ha rinvenuto “in nessuno degli atti comunali prodotti in giudizio … l’effettuazione della verifica in ordine al possesso dei requisiti prescritti dalla normativa di settore in capo all’Associazione”. 

Infatti tali elementi, compresi quelli che discendono dalla nota dell’Agenzia della tutela della salute -ATS Val Padana, datata 11 ottobre 2017 (da cui risulterebbe che l’Associazione non risulta detenere nessuno dei due canili-rifugio della provincia di Cremona, con relativa autorizzazione), attengono non a evidenze acquisite ed esternate nell’istruttoria procedimentale (che non ha considerato mediante specifiche determinazioni la posizione dell’Associazione), bensì a considerazioni afferenti al diverso percorso valutativo, che è stato avviato in seno all’Amministrazione comunale in epoca successiva alla proposizione del ricorso giurisdizionale.

Questo percorso non elide il vizio genetico della procedura.

Il vizio è di incompleta individuazione della platea dei soggetti da esaminare nell’ambito dell’affidamento del servizio e così di non rispondenza ai principi di trasparenza e buon andamento degli atti, che pur l’Associazione aveva interesse a far constare, come aspirante all’esecuzione del servizio.

In altre parole, in assenza di una loro evidenza nell’alveo naturale degli atti del procedimento di affidamento, le ragioni della mancata consultazione dell’Associazione Zoofili Cremonesi, formate e addotte dall’Amministrazione solo per il tramite e in vista delle difese giudiziali, non valgono a vanificare le conclusioni della sentenza appellata, bene fondate su tali atti.

4. Con il secondo mezzo l’Amministrazione comunale sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha rilevato che il disposto affidamento ad A.N.P.A.N.A. del servizio contrasta con l’art. 8, comma 5, del regolamento della Regione Lombardia 5 maggio 2008, n. 2.

La previsione, poi abrogata dall’art. 26, comma 1, del regolamento regionale 13 aprile 2017, n. 2, (regolamento che peraltro ne riproduce il contenuto sostanziale all’art. 16, comma 4), stabiliva: “Il canile rifugio … deve esser ubicato entro trenta chilometri dal comune appaltante”.

Sul punto, la sentenza appellata rileva che “non è discusso tra le parti che la struttura presso la quale dovrebbe essere effettuato il servizio da parte di ANPANA dista più di 30 km dal Comune di Cremona”; respinge l’assunto del Comune di Cremona per cui la disposizione costituirebbe un criterio di massima; esclude che tale limite sia stato superato a mezzo di adeguata motivazione, e rileva anzi che, in concreto, di tale motivazione non vi era traccia, né poteva essere rivenuta nel rilievo che la sola associazione in possesso dei requisiti era l’A.N.P.A.N.A., attesa la conclusione raggiunta in ordine alla necessità di verificare i requisiti dell’Associazione Zoofili Cremonesi.

Le predette conclusioni resistono alle censure del Comune appellante.

La valutazione fatta dall’appellata sentenza non muta, se si tiene conto delle circostanze, evidenziate dal Comune, che la disposizione non indica la modalità di misurazione della distanza, e che la distanza “in linea d’aria” tra il canile e la stazione appaltante è inferiore a 30 km. 

La norma regionale utilizza invero l’unità di misura chilometrica. Questa indicazione è coerente con la metodologia di valutazione delle distanze tra località da percorrere con mezzi di trasporto terrestri, che sono quelli che qui rilevano, alla luce delle caratteristiche del servizio e dell’art. 12 del ridetto regolamento n. 2 del 2008, che, disponendo sui “Requisiti dei canili rifugio”, stabilisce al comma 1, lett. k), che le strutture possiedano “attrezzature per il lavaggio e la disinfezione delle strutture e degli eventuali automezzi utilizzati per il trasporto degli animali”. 

Non è legittimo, di contro, l’utilizzo del criterio “in linea d’aria” cui si riferisce l’appellante: questo, rappresentando la distanza minima tra due punti, non tiene conto del percorso stradale, che è ciò che segna in termini effettivi, e non astratti, la distanza reale come distanza di percorso.

Neanche può dirsi, come fa il Comune di Cremona, che la Regione Lombardia abbia validato l’utilizzo del criterio “in linea d’aria” facendo riferimento, nell’atto 2 luglio 2012 depositato sub n. 11) del fascicolo di primo grado, al concetto di “raggio/cerchia”.

Nel predetto atto, che è risponde a quesiti formulati dai Comuni sull’applicazione dell’art. 8, comma 5, del regolamento regionale n. 2 del 2008, non si rinviene un’indicazione in tal senso.

L’atto, anzi, sintetizzate le richieste di parere – incentrate sulla possibilità per i comuni di stipulare convenzioni con strutture in funzione di canili-rifugio collocate fuori dai trenta chilometri – marca la priorità dell’indicazione regolamentare sulla distanza massima, sebbene lasci salva la possibilità dei comuni di convenzionarsi, su specifica motivazione, con strutture poste fuori dalla “cerchia” chilometrica stabilita.

Nel descritto contesto, il generico riferimento ai concetti di “raggio” e “cerchia” è inidoneo a contrastare l’esposta interpretazione della disposizione regolamentare, desunta dalla chiara lettera della norma.

5. Alle rassegnate conclusioni consegue il rigetto dell’appello. Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della vicenda controversa.

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della vicenda controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente Roberto Giovagnoli, Consigliere Raffaele Prosperi, Consigliere Valerio Perotti, Consigliere Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Anna Bottiglieri


IL PRESIDENTE
Giuseppe Severini


IL SEGRETARIO

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