Scimmie clonate: un successo scientifico che solleva non pochi dubbi etici

La clonazione delle due scimmie Zhong Zhong e Hua Hua suscita notevoli interrogativi e fa riemergere dilemmi etici che ci assillano sin dai tempi della pecora Dolly.
Paola Sobbrio

Paola Sobbrio

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Le prime scimmie clonate con successo con la stessa tecnica usata per la pecora Dolly sono nate, sollevando molte critiche e qualche dilemma etico. Il primo fra tutti è  quello che, ovviamente, ha il suo centro nell’uomo, ossia la paura che si avvicini il momento della clonazione umana. In realtà questa paura non è infondata ma da un punto di vista antispecista il dilemma etico non è appannaggio dell’essere umano ma dell’essere vivente in generale.

Intanto per capire bene i termini della questione clonazione bisogna distinguere la clonazione terapeutica e quella riproduttiva. La prima non conduce alla formazione di un embrione ma viene fatta solo per prelevare cellule staminali totipotenti omologhe, ossia della stessa persona da cui è stata prelevata la cellula adulta da cui poi attraverso TNS (trasferimento nucleare somatico) si potranno ottenere cellule totipotenti da destinare alla stessa persona da cui originano.

Come si evince dall’immagine in alto, sebbene la clonazione terapeutica non abbia come fine quello della creazione di un individuo, esa porta con sé un problema etico, ossia la distruzione dell’embrione, tanto che la Commissione Dulbecco individuò una tecnica per conseguire lo stesso risultato ottenibile con la creazione dell’embrione senza che vi fosse la necessità di crearlo.

I dilemmi etici che hanno accompagnato la creazione di embrioni anche soltanto per la procreazione medicalmente assistita sono stati sempre al centro del dibattito bioetico negli ultimi trent’anni.

Si è sempre molto insistito sul fatto che la creazione di embrioni, e successivamente la loro distruzione non fosse eticamente concepibile poiché “l’embrione è un essere umano”. Pertanto, fare ricerca su embrioni umani è sempre stato ritenuto eticamente controverso. Tuttavia non mi voglio addentrare in questa disamin ma ho voluto accennare ai dilemmi etici che ruotano intorno agli embrioni perché sembra che tutto il clamore suscitato dalla clonazione delle scimmie Zhong Zhong e Hua Hua abbia sostanzialmente riacceso il dibattito sulla centralità dell’essere umano nell’universo. È bene ricordare, infatti, che il mondo non umano è popolato da cloni da tantissimi anni e sembrerebbe che nessuno se ne sia accorto. Pertanto, eccezion fatta per coloro che si battono per l’affermazione dei diritti degli animali e dei corrispondenti doveri umani, il problema sollevato da queste due scimmiette va decisamente molto oltre il loro destino. I titoli dei giornali sono chiari in questo senso ed anche unanimi, la domanda infatti è “First monkeys cloned in historic breakthrough – could humans be next?”

L’attenzione, ancora una volta, non è rivolta alle scimmiette, non ci sono domande quali: è giusto creare esseri viventi per poi usarli come fossero macchine, pezzi di ricambio o modelli da sperimentazione? È giusto pensare ad un essere vivente come ad una cosa inanimata? Queste domande, infatti, sono molto più scomode e molto più complicate della semplice domanda: quindi il prossimo passo sarà la clonazione dell’uomo? Perché la risposta unanime della comunità scientifica sarà no! Le altre domande che esulano da quest’ultima non troveranno mai spazio sui giornali perché attengono un tema ben più corposo e dirimente, il nostro rapporto con gli altri esseri viventi.

Dirimente perché Zhong Zhong e Hua Hua sono state rappresentate come due neonate, con tanto di giocattoli, che destano tenerezza, dolcezza ma la cui sorte sarà servire come modello sperimentale. La cosa, se è possibile, è ancora più macabra rispetto alla clonazione dei topi e dei maiali, perché questi ultimi sono i reietti del mondo animale, non se li fila nessuno e possibilmente causano una sensazione di disgusto, ma le scimmiette no. Le scimmiette sono carine, coccolose, somigliano tanto agli esseri umani eppure anche le scimmiette sono animali non umani e quindi la loro fine non può che essere il laboratorio di ricerca.

Queste scimmiette ci ricordano, quindi, che essere simili non significa essere uguali e che la somiglianza è anche differenza. Le scimmiette sono sì simili a noi ma diverse, tanto diverse da poter essere create ad hoc ed usate ad hoc per fini a loro sconosciuti.

Voglio ricordare che gli animali GM vanno distinti da quelli transgenici nel senso che se gli animali transgenici sono sempre GM quelli GM possono non essere transgenici. Gli animali GM sono organismi geneticamente modificati i cui geni vengono, per i più svariati fini, attivati (knock-in) o disattivati (knock-out) o rinforzati.

Mentre, per animale transgenico s’intende un animale in cui vi è stata una modifica deliberata del genoma. Il DNA di specie diversa viene introdotto nell’animale e viene trasmesso attraverso la linea germinale in modo che ogni cellula, comprese le cellule germinali dell’animale, contengano lo stesso materiale genetico modificato. Questi animali, che ad oggi costituiscono la gran parte degli animali usati per la sperimentazione, sono tutti derivanti da metodiche di clonazione.

Non dobbiamo, inoltre dimenticare che è fiorente il mercato della clonazione degli animali da compagnia.

Le due scimmiette hanno dunque, aperto un vaso di Pandora invisibile, ammantato di segretezza ma i cloni di animali di ogni razza e specie girano almeno da 30 anni nei laboratori di tutto il mondo.

Infine, non voglio dimenticare che dietro ad ogni “successo” si nasconde un numero di animali non contabilizzato in nessuna statistica chiamato in gergo tecnico “waste animals”. Le prove per arrivare alla copia genetica sono, infatti, tante e costellate di insuccessi.

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