In Italia e in Europa non esistono leggi adeguate e uniformi che proteggano i crostacei decapodi impiegati nell’industria alimentare, ma la scienza ha dimostrato che anche questi animali soffrono

LE NOSTRE RICHIESTE

  1. MODIFICARE LA LEGGE in linea con le evidenze scientifiche ad oggi disponibili: i crostacei decapodi devono essere riconosciuti e trattati come esseri senzienti e non più come oggetti.
  2. INTRODURRE LINEE GUIDA VINCOLANTI da seguire durante la cattura, il trasporto e l’uccisione di questi animali, per assicurare che vengano tutelati e trattati in modi che minimizzino il più possibile la loro sofferenza. In particolare, con riferimento alla fase dell’uccisione, chiediamo che vengano disciplinati dei metodi di stordimento e macellazione obbligatori, in parallelo a quanto già previsto per le specie terrestri e in considerazione delle esigenze della singola specie.
  3. ASSICURARE UN’APPLICAZIONE EFFICACE E UNIFORME DELLE NORME da parte dell’industria, dei commercianti e dei ristoratori.

Tutele adeguate per i crostacei decapodi

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Tutele adeguate per i crostacei decapodi

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La scienza e la normativa di diversi ordinamenti nazionali riconoscono da anni la senzienza dei crostacei decapodi e la loro capacità di sentire dolore e sofferenza, ma in Italia questi animali non ricevono protezione dalla legge.

L’articolo 9 della nostra Costituzione delega al legislatore di individuare i modi e le forme di tutela degli animali. È urgente attuare questa disposizione, adottando una legge a tutela dei crostacei decapodi, seguendo le più recenti e attendibili evidenze scientifiche. Considerato ciò, avanziamo le seguenti richieste.

Chiediamo che nella fase di cattura venga vietata la pratica del declawing, ossia la rimozione di una chela da un animale vivo.

Chiediamo che venga vietato mantenere i crostacei decapodi vivi a diretto contatto con ghiaccio o in acqua con ghiaccio.

Chiediamo che venga vietata la vendita di questi animali vivi direttamente ai consumatori, dato che in questi casi non può essere accertato che gli animali vengano conservati, maneggiati e uccisi secondo pratiche idonee a considerare le loro esigenze etologiche e minimizzarne le sofferenze.

Chiediamo che la pratica del nicking, ossia il taglio del tendine delle chele, sia vietata.

Chiediamo che venga reso obbligatorio ricorrere a tecniche di stordimento elettrico, parametrate sulle esigenze della specie coinvolta, che causino insensibilità istantanea (entro 1 secondo) al dolore prima di qualsiasi metodo di macellazione e che le pratiche debbano essere adottate da personale adeguatamente formato.

Chiediamo che nella fase dell’uccisione di astici e aragoste, il taglio longitudinale a metà lungo tutto il corpo (whole-body splitting) sia l’unico metodo di macellazione meccanica consentito, che tale metodo debba essere eseguito da personale adeguatamente formato e che non debba impiegare più di 10 secondi.

Chiediamo che per i granchi la distruzione dei due centri nervosi in rapida successione tramite oggetto appuntito (double spiking) sia l’unico metodo di macellazione meccanica consentito, che tale metodo debba essere eseguito da personale adeguatamente formato e che non debba impiegare più di 10 secondi.

Chiediamo che l’elettrocuzione con apparecchiature adeguate e parametri basati sulle caratteristiche della singola specie coinvolta, che portino alla morte dell’animale in meno di 10 secondi sia l’unico metodo non meccanico di macellazione consentito e obbligatoriamente praticato da personale adeguatamente formato.

Chiediamo che i seguenti metodi di stordimento e macellazione siano vietati: raffreddamento in acqua o aria, bollitura in acqua (compreso il lento innalzamento della temperatura dell’acqua), qualunque forma di dismembramento, immersione in acqua dolce (per specie di acque saline o salmastre), immersione in soluzione altamente salina, uso di anestetici, esposizione ad alta pressione, soffocamento con anidride carbonica.

PERCHÉ QUESTA CAMPAGNA?

GMVozd / iStock

Le evidenze scientifiche hanno dimostrato la capacità dei crostacei decapodi (crostacei appartenenti all’ordine Decapoda, aventi dieci zampe) di provare dolore e di soffrire ma molte pratiche comunemente adottate all’interno dell’industria alimentare (che includono ferite, mutilazioni, sbalzi di temperatura e parametri di mantenimento non adeguati) non sono compatibili con il rispetto del benessere di questi animali e risultano per loro dolorose.

Noi di ALI crediamo che nell’attesa del progresso etico della società sia necessario e urgente che la legge si adegui affinché anche astici, aragoste, granchi e altri crostacei decapodi vengano opportunamente protetti e venga minimizzato il dolore che sono costretti a sopportare.

Con questo progetto, vogliamo introdurre in Italia leggi a tutela dei crostacei decapodi, rendendo dunque concreta la riforma dell’articolo 9 della Costituzione nella parte in cui prevede che «la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE

oceane2508 / iStock

Metodi di uccisione non adeguati

Sono diverse le pratiche di uccisione inappropriate usate comunemente su questi animali, come ad esempio il dismembramento, l’immersione in acqua bollente e il congelamento da vivi.

Non tutte queste problematiche possono trovare ad oggi una soluzione praticabile che garantisca un’efficace tutela dei crostacei decapodi, ma alcune di queste sono già state affrontate e risolte in diversi Stati del mondo.

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I CROSTACEI NON SONO PROTETTI DALLA LEGGE

L’uso globale dei crostacei decapodi per il consumo umano è in continua crescita e la pesca di questi animali a livello globale sta crescendo più velocemente di quella di qualsiasi altro gruppo di animali. Tuttavia, ad eccezione di alcuni paesi, a livello globale i crostacei decapodi rimangono totalmente negletti dal punto di vista di tutela nei vari processi che portano alla loro produzione, nonostante la scienza abbia ad oggi dimostrato la loro senzienza, capacità cioè di provare sensazioni tra cui dolore e sofferenza.

I paesi in cui si è intervenuti introducendo specifiche tutele a favore dei crostacei decapodi impiegati nell’industria alimentare sono: Italia, Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Australia, Nuova Zelanda. Queste tutele sono a loro volta state implementate a fronte delle numerose pratiche alle quali i crostacei decapodi sono soggetti a livello globale, le quali caratterizzano tutte le fasi di produzione, quali cattura o allevamento, detenzione, trasporto e uccisione.

Svizzera e Nuova Zelanda si configurano come i paesi con le norme più stringenti a tutela dei crostacei decapodi; questi due paesi contengono norme precise per minimizzare la sofferenza di questi animali nelle differenti fasi di produzione. Per quanto riguarda l’Austria e la Norvegia, nonostante vi siano diversi regolamenti che menzionano i crostacei decapodi, questi si limitano a elencare regole per minimizzare la morte o il ferimento degli animali, nella maggior parte dei casi senza specifiche previsioni pratiche e precise per la loro tutela.

Nonostante il Regno Unito abbia effettivamente ed esplicitamente dichiarato la senzienza dei crostacei decapodi, gli stessi non godono di alcuna tutela a livello pratico nelle diverse fasi di produzione. In Italia la situazione a livello normativo risulta frammentaria e confusionaria. Si delinea, infatti, un impianto regolamentare totalmente inadeguato a garantire un uniforme grado di tutela per i crostacei decapodi e manca una disciplina normativa unitaria a tutela di questi animali.

L’analisi di norme riguardanti la tutela dei crostacei decapodi in diversi paesi ha permesso di evidenziare come, specialmente nel caso di Svizzera e Nuova Zelanda, norme che si applichino alla riduzione della sofferenza di questi animali nelle varie fasi di produzione siano formulabili e di possibile applicazione. Considerati tuttavia i recenti studi che dimostrano la senzienza e la capacità di sentire dolore di questi animali, è urgente e imprescindibile che la legge stabilisca linee guida vincolanti, basate su parametri scientifici aggiornati, introducendo norme minime a tutela di questi animali nelle diverse fasi di cattura, produzione e commercializzazione.

SINTESI DELLA NORMATIVA (clicca per allargare)

Quello dell’Unione europea è uno dei sistemi giuridici che offre un compendio organico di tutele tra i più avanzati per gli animali utilizzati nella produzione alimentare. Tuttavia nessuno dei regolamenti e delle direttive per la tutela degli animali si applica ai crostacei decapodi, di cui fanno parte molti dei crostacei più conosciuti e usati in cucina, tra cui astici, aragoste e la maggior parte di gamberi e granchi.

Questo significa che le tutele offerte agli altri animali durante le fasi di trasporto, detenzione e uccisione non sono garantite ai crostacei decapodi.

Nonostante la stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) abbia riconosciuto i crostacei decapodi come esseri senzienti, ad oggi questi animali sono privi di alcuna tutela da parte del diritto europeo.

Il regolamento CE n. 1099/2009 stabilisce le norme da seguire durante le operazioni di uccisione degli animali, ponendosi come obiettivo la minimizzazione della loro sofferenza. Tuttavia, la definizione di ‘animali’ esclude del tutto gli animali acquatici diversi dai pesci, per i quali le tutele previste sono comunque inefficaci, insufficienti e inadeguate. Così non trovano applicazione norme come quelle che impongono lo stordimento preventivo all’uccisione, e mancano del tutto previsioni che spieghino nel dettaglio quali tecniche di abbattimento utilizzare per garantire che questi animali soffrano nella misura minore possibile.

Similmente, il Regolamento (CE) n. 1/2005 stabilisce le regole da seguire durante il trasporto di animali vivi; tuttavia, secondo la definizione offerta dal regolamento devono intendersi come ‘animali’ i soli vertebrati, escludendo così dal campo di applicazione e dalle tutele offerte dal regolamento i crostacei decapodi.

I crostacei decapodi soffrono quindi di una totale esclusione dal campo di applicazione della disciplina europea, restando di fatto privi di efficaci tutele anche in Italia. Questo significa che possono essere vittime di pratiche altamente lesive del loro benessere, come ferite e mutilazioni durante la cattura, detenzione in spazi ristretti e fuori dall’acqua e a temperature anche parecchio al di sotto o al di sopra di quelle tollerabili e, infine, uccisione in modi che causano enorme sofferenza, come essere smembrati o bolliti vivi.

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Nemmeno in Italia la legge stabilisce regole minime a tutela di questi animali. Non solo manca una disciplina nazionale unitaria, ma diversi Comuni hanno introdotto Regolamenti che, nel tentativo di imporre sul territorio locale obblighi relativi alla protezione di questi animali durante la commercializzazione e la vendita all’interno dei ristoranti, hanno determinato una tutela disomogenea, riferita a parametri scientifici differenziati, inadeguata e di difficile applicazione.

In Italia, la detenzione di crostacei in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze è configurabile come reato. Nonostante la legge non protegga questi animali, infatti, i giudici hanno da tempo riconosciuto la necessità di tutelarli da comportamenti che siano in aperto contrasto con la loro natura.

Il 17 gennaio 2017 la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. III, n. 27173/2016) ha rigettato il ricorso presentato contro una sentenza del Tribunale di Firenze che aveva condannato un direttore di ristorante all’ammenda di 5.000,00 €, oltre a 3.000,00 € di risarcimento in favore della parte civile, per aver detenuto alcuni crostacei vivi in cella frigorifera e con le chele legate, pertanto in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. Questo caso costituisce un importante precedente per la tutela dei crostacei decapodi in Italia, in quanto ha stabilito che determinate condizioni di detenzione di questi animali non si allineano con la tutela del loro benessere, potendo configurare un’ipotesi di reato.

Il caso del 2017 non resta isolato. Il 13 maggio del 2019, su segnalazione di alcuni avventori, il Nucleo Guardie Eco-Zoofile Oipa si è recata in un ristorante nella periferia est di Milano, trovandovi un astice ancora in vita, con le chele legate, in una vaschetta di plastica posta su ghiaccio, all’interno di un frigorifero. Il PM Sara Arduini chiese la condanna a un’ammenda di 2.000,00 €, contro la quale il ristoratore fece opposizione, chiedendo l’applicazione della messa alla prova. Il giudice dispose quindi tre mesi di lavori socialmente utili presso una delle case di accoglienza dei City Angels, un gruppo di volontari di strada che aiutano i senzatetto e bisognosi.

Questi due casi giudiziari mostrano come, nonostante la Cassazione abbia già stabilito che la detenzione su ghiaccio costituisca reato, ad oggi manchi una legge a livello nazionale in Italia che effettivamente tuteli questi animali e li protegga da trattamenti incompatibili con la loro natura.

roman023 / iStock

PERCHÉ È NECESSARIO INTERVENIRE CON URGENZA

  1. I CROSTACEI DECAPODI SONO ESSERI SENZIENTI
    Secondo un report redatto dalla London School of Economics and Political Science e pubblicato nel novembre 2021 — in cui sono stati analizzati più di 300 studi in materia — i crostacei decapodi sono esseri senzienti, capaci cioè di provare sentimenti tra cui dolore e sofferenza. In ragione delle evidenze scientifiche così raccolte, i crostacei decapodi sono stati inclusi nel Regno Unito tra le specie animali alle quali l’Animal Welfare (Sentience) Act del 2022 riconosce la qualità di esseri senzienti. Anche la British Veterinary Association richiede che per questi animali vengano usati solo metodi di uccisione umani. Sono inoltre diversi i paesi del mondo, tra cui Svizzera, Austria, Norvegia, Nuova Zelanda e alcuni Stati e Territori dell’Australia, ad aver implementato norme per la tutela di questi animali.
  2. I CROSTACEI DECAPODI SENTONO DOLORE
    Vi è ormai un elevato grado di consenso nella comunità scientifica sulla capacità dei crostacei decapodi di sentire dolore. A prova di ciò vi sono diversi studi sul sistema nervoso, sul comportamento e sulle risposte a stress in questi animali, i quali soddisfano 14 su 17 criteri del dolore proposti dallo studio Defining and assessing animal pain di Sneddon e altri autori. Il risultato è significativo, considerando che i tre criteri non soddisfatti non sono mai stati testati sui crostacei decapodi. In considerazione di questo si può, quindi, assumere che questi animali provino dolore e mettere in discussione molte delle pratiche alle quali sono soggetti di routine.
  3. L’ITALIA POTREBBE GUIDARE IL RESTO DELL’EUROPA
    In Europa, solo Svizzera, Austria e Norvegia hanno norme specifiche sul trattamento dei crostacei decapodi a livello nazionale. L’adozione di una legge che stabilisca parametri sull’adeguata cattura, maneggiamento, trasporto, stoccaggio e uccisione di questi animali in Italia potrebbe apportare un grande cambiamento in Europa, inducendo anche altre nazioni a introdurre norme adeguate per il loro trattamento.

I NOSTRI REPORT

I PROSSIMI PASSI

Delpixart / iStock

Stiamo lavorando sui seguenti temi:

  • la divulgazione del report “Crostacei decapodi: tra diritto e scienza”, che confronta la situazione giuridica a tutela dei crostacei decapodi a livello mondiale nei diversi paesi che hanno attuato norme a tutela di questi animali (Austria, Australia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svizzera), con un focus specifico sulla situazione in Italia e nell’Unione Europea;
  • la realizzazione di una profonda e dettagliata analisi di mercato, volta a fare chiarezza sul trattamento dei crostacei decapodi nell’industria ittica in Italia;
  • la produzione di linee guida per la tutela dei crostacei decapodi, approvate da accademici ed esperti in Italia;
  • l’adozione di metodi di stordimento e uccisione immediati per la riduzione della sofferenza di questi animali.

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QUADRO DI SINTESI

La tutela offerta ai crostacei decapodi all’interno degli ordinamenti analizzati nel report di ALI “Crostacei Decapodi: tra diritto e scienza” (prossima pubblicazione) in Europa e Oceania.

*Livello Unione Europea: esclusione dal campo di applicazione della normativa a tutela degli animali impiegati nell’industria alimentare.

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