Allevamenti e cambiamenti climatici: una connessione poco esplorata dai media?

Faunalytics e Sentient Media hanno realizzato uno studio per capire come i media statunitensi comunicano a lettrici e lettori le implicazioni ambientali degli allevamenti.
Vitello allevato
Pia/Pixabay

Quando si parla di cambiamenti climatici e di come ridurre le emissioni di gas serra, il primo settore a essere citato — giustamente — è quello dell’energia. Ci sono, però, altre attività che influiscono sul riscaldamento globale e su cui cittadine e cittadini dovrebbero essere informati dai media, come gli allevamenti (i quali fanno parte del più ampio ambito legato ad agricoltura, silvicoltura e uso del suolo). Per quanto riguarda l’Italia, questo argomento ha solo recentemente superato la cerchia degli attivisti e degli esperti in materia, conquistandosi uno spazio in alcune trasmissioni televisive. Le organizzazioni no profit Faunalytics, che conduce ricerche e condivide conoscenze a supporto dei sostenitori degli animali, e Sentient Media, che crea consapevolezza dell’impatto degli allevamenti sul Pianeta attraverso il giornalismo indipendente, hanno realizzato uno studio per comprendere in quale misura i media statunitensi comunichino a lettrici e lettori le implicazioni ambientali degli allevamenti.

Allevamenti: i grandi assenti della copertura mediatica sul riscaldamento globale?

Solo relativamente di recente l’attenzione dei media ha iniziato a spostarsi sugli allevamenti come ulteriore attività da valutare tra le cause del riscaldamento globale. Numerosi studi affermano che una percentuale compresa tra l’11,1 e il 19,6% delle emissioni globali provengono dalla produzione di carne e latticini, e anche le principali agenzie globali per l’alimentazione e il clima sono in accordo con questi dati, tanto da inserire tra le loro raccomandazioni la riduzione del consumo di carne a favore di un dieta ricca di vegetali (indicazioni indirizzate in particolare a chi vive in Paesi sviluppati, con economie avanzate). Eppure testate giornalistiche, social media e televisioni non sembrano affrontare il legame tra allevamenti e riscaldamento globale nelle giuste proporzioni. Ma non possiamo affidarci alle sensazioni, ed ecco che l’analisi di Faunalytics e Sentient Media inizia a darci delle risposte basate sui dati almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti.

La ricerca di Faunalytics e Sentient Media

Il ruolo dei media nell’informare correttamente il pubblico su questioni come i cambiamenti climatici è fondamentale. Il progetto che ha visto la collaborazione tra Faunalytics e Sentient Media ha analizzato articoli recenti sul clima apparsi sui principali media statunitensi e approfondito la frequenza con cui gli allevamenti e i cambiamenti climatici sono stati collegati. Nello specifico sono state esaminate le 100 pubblicazioni più recenti (dal 15 febbraio 2012 al 29 settembre 2022) che includevano la parola chiave climate nel titolo, appartenenti alle 10 maggiori testate americane, per un totale di 1000 articoli. Le testate erano The Wall Street Journal, The New York Times, New York Post, Los Angeles Times, The Washington Post, Reuters, Star Tribune, Chicago Tribune, The Boston Globe e CNN.
Complessivamente, gli allevamenti sono stati citati solo nel 7% degli articoli sui cambiamenti climatici, rendendoli una delle cause del riscaldamento globale meno discusse dai media. Tra i settori maggiormente menzionati, invece, ci sono ‘Estrazione, manifattura e produzione di energia’ (68%), ‘Emissioni’ (67%) e ‘Combustibili fossili’ (53%). Questa è la frequenza, ma per quanto riguarda i contenuti? Cosa è stato osservato?
Gli allevamenti sono spesso descritti come vittime del climate change e non anche come causa, sono molte le occasioni mancate per discutere del legame tra allevamenti e cambiamenti climatici e anche i sottosettori dell’allevamento che esercitano un impatto sull’ambiente non ricevono sufficiente attenzione dai media.

Qualche consiglio per chi sostiene le cause ambientali e animaliste

Come possono aiutare a migliorare la copertura dei media sul rapporto tra allevamenti e riscaldamento globale le organizzazioni che difendono l’ambiente e gli animali — perché, non scordiamocelo, se siamo qui è per garantire ora il benessere animale e in un futuro la fine dello sfruttamento di questi esseri viventi — o anche attiviste e attivisti o persone che hanno a cuore questi temi? Faunalytics e Sentient Media forniscono dei consigli per la cittadinanza americana che, però, sono applicabili anche al nostro contesto italiano ed europeo:

  • interagire con le storie sul clima che raccontano bene la connessione tra allevamenti e cambiamenti climatici: per le testate l’interazione del pubblico con i propri contenuti è molto importante, serve a misurare l’interesse che c’è per determinati argomenti. Condividere sui social media, commentare e persino contattare la redazione per comunicare il proprio interesse può servire ad aumentare l’attenzione e i contenuti sull’argomento. Aggiungerei che questo può servire a coinvolgere giornali che lavorano con professionisti e redazioni con ottime risorse di fact-checking: troppo spesso clima e animali sono lasciati in pasto a chi costruisce l’informazione sull’indignazione. Insomma, meno clickbait, più solida informazione;
  • condividi le tue conoscenze scrivendo una lettera a redattrici/redattori o un articolo di opinione: se una testata giornalistica ha recentemente pubblicato un pezzo sul clima per il quale provi forti sentimenti, a sostegno o in disaccordo, scrivere una lettera al redattore può essere un modo efficace per trasmettere il tuo feedback. Se scrivi per professione e conosci l’argomento, potresti inviare un articolo per correggere (educatamente) idee sbagliate, citare fonti più autorevoli e invitare all’azione;
  • suggerisci notizie su discussioni che si stanno svolgendo riguardo al ruolo degli allevamenti nel climate change: se uno studio rilevante sulle implicazioni degli allevamenti sul riscaldamento globale sta suscitando interesse nella comunità scientifica o tra le organizzazioni che difendono gli animali, si può taggare un organo di stampa sui social media o contattare tramite email la redazione per capire se la storia è pubblicabile;
  • unisci le forze con altre sostenitrici/sostenitori o organizzazioni per interagire con le notizie sui social media: forma un gruppo di sostenitori per mettere Mi piace e commentare storie degne di attenzione e autorevoli o contatta i notiziari per far sì che si occupino del legame tra allevamenti e cambiamenti climatici. Se sei un esperta/o di clima, potresti considerare la possibilità di scrivere un articolo divulgativo con altri esperti nel tuo campo;
  • usa la tua piattaforma per educare il pubblico sull’impatto degli allevamenti sui cambiamenti climatici: proprio secondo Faunalytics, le preoccupazioni riguardanti il clima possono essere per molte persone la via verso una maggiore conoscenza delle condizioni degli animali. Inserire una prospettiva ambientale può aiutare a incrementare il numero di coloro i quali mangiano meno carne e, quindi, può dare un supporto anche alle questioni che riguardano il benessere e lo sfruttamento animale.

Riguardo quest’ultimo punto, sebbene, personalmente, sia fermamente convinta che le persone debbano essere ben informate e consapevoli di ciò che accade nel mondo e dell’obiettivo che stanno perseguendo a seconda delle convinzioni maturate — quanti sono i vegani che seguono un’alimentazione priva di cibi di origine animale per ‘salute’ e non per etica? —, è un fatto che il maiale che non sarà macellato perché qualcuno ha deciso di non mangiarlo non si chiederà se quel qualcuno lo fa per il clima, per le proprie analisi del sangue o perché crede che sia ora di riconoscere dignità alle vite degli animali.

E le giornaliste e i giornalisti? Come possono agire per coprire meglio questi temi con i propri articoli? Cercare storie, usare un po’ di empatia ed evitare la polarizzazione. Questi sono solo alcuni degli spunti approfonditi nell’incontro Making the Climate Connection: How to improve media coverage of the food-climate connection che è possibile rivedere su YouTube.

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