La crudeltà contro gli animali è una spina della società umana che va estirpata il prima possibile

Il fenomeno è purtroppo rimasto stabile nel tempo. Oltre a cambiare le norme penali, è necessario intervenire sin dalle scuole per educare le nuove generazioni.
iamevanclark/Unsplash

La crudeltà verso gli animali è una triste costante nelle cronache locali, che raccontano le mille declinazioni della follia che porta esseri umani a maltrattare e uccidere – spesso come insensata forma di “divertimento” – chi non ha modo di difendersi.

Ci sono poi episodi nei quali l’efferatezza o l’estrema insensatezza del comportamento umano, spinto da sadica crudeltà o dal totale spregio della sofferenza, sono tali da provocare immediato sconcerto e un’ondata di riprovazione che producono un’eco mediatica a livello nazionale. Così è stato lo scorso mese di dicembre per Leone, il gatto che mani umane rimaste ignote hanno scuoiato vivo a Angri (SA), come confermato a inizio gennaio dall’autopsia. 

Identico sdegno si è immediatamente levato nei giorni scorsi alla notizia del cucciolo di pitbull legato a un palo e bruciato vivo a Palermo a opera del proprietario, un uomo con precedenti psichici e precedenti penali, senza fissa dimora, che dopo l’accaduto non ha mostrato alcun segno di pentimento. Immediatamente recuperato dai volontari della LAV di Palermo e portato in una clinica veterinaria, il cane è purtroppo spirato dopo poche ore: troppo gravi le ustioni e le lesioni agli organi interni. Sembrerebbe che in almeno un altro caso l’uomo avesse già preso di mira un altro cane, che si sarebbe salvato per l’intervento immediato dei presenti.

Come se non bastasse, da sabato circola anche la notizia del gatto Grey, appartenente a una colonia felina registrata e accudita dalla titolare di un bar, che è morto annegato e assiderato nell’acqua gelida della fontana nella centrale piazza del Municipio ad Alberobello (BA), dove vi era stato spinto da una ragazzina. Costei non era evidentemente consapevole della gravità del gesto, dato che nel frattempo un’amica girava un video poi finito tra le storie Instagram, accompagnato dalla didascalia “Amò beccati un po’ di notorietà”.

Oltre all’insensatezza del gesto, alla totale mancanza di empatia degli autori e al senso di disgusto provato da milioni di persone, a legare questi (e tanti altri) episodi c’è sempre la consapevolezza che le vittime non avranno giustizia. Gli avvocati che seguono le associazioni animaliste sono oramai abituati a fare pronostici pessimistici: statistiche alla mano, solo una piccola percentuale delle denunce porterà a una sentenza definitiva di condanna.

In vent’anni di applicazione, la legge 189/2004 — che aveva previsto per la prima volta un ampio sistema di sanzioni per i reati contro gli animali — non si è dimostrata decisiva per ridurre il fenomeno dei maltrattamenti. La prassi ha inoltre fatto emergere numerose criticità e carenze: basti pensare che non è previsto che il Giudice possa applicare in caso di condanna la sanzione accessoria del divieto di detenere altri animali. Per non parlare del sistema dei sequestri, che semplicemente non è idoneo all’applicazione a esseri viventi, tanto che la giurisprudenza ha dovuto aprire nuovi spazi interpretativi.

Prima ancora dei processi, spesso questi gesti criminali restano senza firma, come è probabile che accada per gli aguzzini del gatto Leone: in questi casi la vicenda giudiziaria si esaurisce prima ancora di aprirsi, attraverso un’archiviazione.

Anche quando gli autori agiscono alla luce del sole e vengono quindi individuati, esaurita l’ondata di indignazione la triste vicenda di turno viene ricondotta in quello che è: un reato minore, che desta scalpore ma che in fondo resta in secondo piano rispetto ai reati con vittime umane. Spesso questo significa che il fascicolo resta nel limbo per anni dopo la chiusura delle indagini: «La prima udienza è stata fissata a quattro mesi dalla prescrizione… andremo a costituirci parte civile solo per principio», mi raccontò tempo fa una Collega di Milano.

Azzardo dei pronostici sui due casi di questi ultimi giorni. Quanto alla vicenda di Palermo, gli atti delle indagini preliminari quasi certamente ricostruiranno l’episodio come il gesto isolato di un folle conclamato, il quale verrà probabilmente dichiarato socialmente pericoloso e verranno quindi disposte delle misure di sicurezza (tra le quali è previsto il ricovero in una struttura residenziale giudiziaria).

Il caso di Alberobello sarà invece probabilmente catalogato come la goliardata di una ragazzina che non aveva intenzione di fare del male all’animale. Eppure, è noto da tempo che i reati contro gli animali sono considerati indici predittivi della possibilità di compiere condotte antisociali, violente e criminali ben più gravi. Per questo meriterebbero una particolare attenzione soprattutto quando avvengono in giovane età o sono commessi da adulti alla presenza di minori.

Anche in questa legislatura è all’esame del Parlamento un disegno di legge che vorrebbe rivedere le norme del codice penale che tutelano gli animali, elevando le pene e sanando le principali criticità emerse negli ultimi due decenni. Noi di ALI auspichiamo che anche sulla spinta di questi casi di cronaca si possa finalmente completare l’iter parlamentare, arrivando all’approvazione delle modifiche legislative che sollecitiamo da anni.

Allo stesso tempo, crediamo che sia fondamentale che la società nel suo complesso avvii una riflessione sulla necessità di eliminare la violenza gratuita verso gli animali, iniziando sin dalla tenera età a sensibilizzare le nuove generazioni. Questo potrà accadere su iniziativa di singoli docenti o dirigenti scolastici, come è avvenuto sino ad ora, aprendo le porte delle aule ai volontari delle associazioni animaliste per lezioni di sensibilizzazione sul mondo animale. Tuttavia, questo approccio non è sufficiente: non possiamo pensare di scaricare sulle associazioni la responsabilità di organizzare campagne di sensibilizzazione e attività educative nelle scuole di ogni ordine e grado: i volontari sono già impegnati con le emergenze e non avrebbero il tempo né le competenze per dedicarsi anche a questa attività così complessa e su vasta scala.

La nostra proposta è quindi che le insegnanti e gli insegnanti si facciano portavoce di questa nuova sensibilità, portando il tema all’interno delle ore di educazione civica, come peraltro già possibile sulla base delle linee-guida allegate al Decreto Ministeriale n.35 del 22 giugno 2020 sull’insegnamento di questa disciplina nelle scuole di ogni ordine e grado, che riconducono il rispetto per gli animali nell’ambito dell’area tematica dello sviluppo sostenibile.

A tal fine, noi di ALI lavoreremo nel corso del 2024 per produrre dei testi che potranno essere adottati come dispense durante le ore di educazione civica dai docenti che vorranno contribuire a porre dei semi per un futuro senza maltrattamenti per gli animali. 

Invitiamo i docenti che siano interessati o che vogliano aiutarci per supportare un futuro senza maltrattamenti a contattarci.

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