Allevamento di polpi: perché dobbiamo vietarlo

La campagna No Animal Left Behind accende i riflettori sul rischio di allevamento di questi cefalopodi e sull’urgenza di proteggerli con leggi adeguate.
edmondlafoto/Pixabay
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Nonostante scienza, società e politica stiano aprendo gli occhi sui molteplici problemi — etici, ambientali, sanitari — legati agli allevamenti di animali, c’è chi investe tempo e denaro per realizzarne di nuovi, con specie non compatibili con questo tipo di attività.
È il caso dei polpi: avevamo già raccontato del progetto dalla società Nueva Pescanova dedicato all’apertura del primo allevamento commerciale di questi animali a Las Palmas de Gran Canaria, in Spagna. Sebbene ci sia chi sostiene che questa possa essere una soluzione per ridurre la pressione sulle popolazioni selvatiche di polpi data dalla cattura, sono numerosi i fattori che richiedono una discussione attenta.

Perché è necessario vietare l’allevamento di polpi?

L’idea di allevare polpi nasce dall’aumento della domanda nel mercato alimentare: questi cefalopodi, tradizionalmente consumati in numerose aree del Mediterraneo, in Asia e in Messico, hanno iniziato a essere richiesti anche in altri Paesi. Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati della FAO riportati nel documento Octopus factory farming: a recipe for disaster realizzato da CIWF, tra il 1998 e il 2018 il consumo apparente di polpi è stato il più alto in Europa e mostra un trend in crescita. Il consumo apparente è la misura del consumo di un prodotto o materiale, data dalla produzione sommata alle importazioni, a cui vengono sottratte le esportazioni del prodotto o materiale.

L’impatto della cattura dei polpi è certamente un problema che, però, probabilmente non andrebbe risolto con l’allevamento di questi animali. Tra i motivi indicati nel report di CIWF per cui questa pratica andrebbe vietata, ci sono:

  • le caratteristiche etologiche dei polpi, animali solitari che mal sopporterebbero di essere relegati in vasche con un’alta densità di individui – situazione che potrebbe portare a forme di cannibalismo – e con capacità cognitive che richiederebbero attenzioni e arricchimenti ambientali che un allevamento probabilmente non potrebbe garantire;
  • i polpi sono carnivori e la loro dieta non sarebbe sostenibile, infatti una frazione significativa del prodotto della pesca industriale è destinata agli allevamenti ittici e ciò sta minacciando la biodiversità marina. Circa il 20-25% dei pesci pescati sono utilizzati per produrre farina e olio di pesce, cibo per allevamenti di animali acquatici a cui si aggiungerebbero quelli di polpi. La pesca di specie per la maggior parte adatte al consumo umano utilizzate, però, per produrre mangime per altri animali costituisce un grave problema di sostenibilità. Inoltre questo creerebbe ulteriori questioni di sicurezza alimentare in regioni quali Africa Occidentale, Sud-est Asiatico e Sud America, in cui si trovano i principali stabilimenti industriali di acquacoltura;
  • la difficoltà di garantire il benessere dei polpi, poiché ad oggi non si hanno a disposizione conoscenze abbastanza approfondite sulle loro necessità e sulla sofferenza che la cattività può comportare. In aggiunta, non ci sono ancora metodi validati scientificamente che assicurino una macellazione meno dolorosa possibile.

Le leggi europee proteggono i polpi? Vi chiediamo di non lasciarli indietro

Le più recenti evidenze scientifiche hanno confermato che i cefalopodi — tra cui ci sono anche i polpi — sono esseri senzienti, capaci di provare dolore: ritroviamo questa affermazione nella Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza del 2012 e nel report della London School of Economics and Political Science del 2021, Review of the Evidence of Sentience in Cephalopod Molluscs and Decapod Crustaceans, commissionato dal Defra, Il Dipartimento dell’ambiente, dell’alimentazione e degli affari rurali del governo del Regno Unito. Se la Direttiva Europea 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici ha accolto questi animali, lo stesso non si può dire della legislazione europea sul benessere animale negli allevamenti, da cui gli invertebrati risultano esclusi.
Queste sono le ragioni che ci spingono a chiedere all’Unione europea di vietare l’allevamento di polpi: con la seconda fase della campagna No Animal Left Behind, insieme a Eurogroup for animals, chiediamo che neanche loro siano lasciati indietro dalla revisione della Commissione europea prevista per la fine del 2023.

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