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La tutela offerta ai crostacei decapodi in Italia

Un approfondimento sull'assenza di una normativa a livello europeo e sulla mancanza di omogeneità nei regolamenti comunali italiani.
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Francesca Besana

Dottoressa in Giurisprudenza e Allevamento e Benessere Animale. Credo nella nostra responsabilità morale di fronte a ogni essere vivente.

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La campagna Dalla parte dei crostacei è un progetto di Animal Law Italia ETS (ALI) che nasce dalla volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica e focalizzare l’attenzione delle istituzioni politiche sulla tutela dei crostacei decapodi (crostacei appartenenti all’ordine Decapoda, aventi dieci zampe1https://www.ali.ong/rivista/crostacei-animali-non-solo-cibo/), che finora sono rimasti privi di alcuna considerazione da parte del Legislatore, salvo interventi disomogenei.
La carenza di tutela offerta ai crostacei decapodi si pone in netto contrasto con le più recenti evidenze scientifiche, le quali hanno dimostrato la capacità di questi animali di provare dolore e di soffrire. Gli studi hanno quindi evidenziato come molte pratiche comunemente adottate all’interno dell’industria risultano essere del tutto incompatibili con il rispetto del benessere di questi animali.
È per questo motivo che ALI si è posta l’obiettivo di favorire l’introduzione in Italia di leggi a tutela dei crostacei decapodi e, prima ancora, di diffondere la conoscenza su questi animali.

L’assenza di una disciplina a livello europeo

L’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea stabilisce che il Legislatore europeo e il Legislatore dello Stato membro debbano tenere pienamente conto delle esigenze connesse al benessere degli animali, dal momento che essi sono esseri senzienti. Il fatto che gli animali vengano definiti esseri senzienti da parte di un trattato comunitario fa sì che le costruzioni giuridiche debbano orientarsi nel senso di protezione e la normativa europea rappresenta oggi, nel panorama giuridico internazionale, uno dei più avanzati livelli di tutela del benessere degli animali.
Nonostante la stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) abbia riconosciuto i crostacei decapodi come esseri dal comportamento complesso, aventi notevoli capacità di apprendimento, dotati di un certo livello di consapevolezza, capaci di sentire dolore e dunque meritevoli di protezione2https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.2903/j.efsa.2005.292, ad oggi la Direttiva 98/58/CE (protezione degli animali in allevamento) e i Regolamenti 1/2005/CE (protezione degli animali durante il trasporto e operazioni le correlate) e 1099/2009 (protezione degli animali durante l’abbattimento) dell’Unione Europea non includono i crostacei decapodi nel proprio campo di applicazione, lasciandoli di fatto privi di alcuna tutela3Pagg. 16-21 del Report.
L’assenza di una normativa comunitaria a tutela di questi animali costituisce non solo un danno per gli esseri viventi impiegati nel settore produttivo di riferimento, ma comporta anche la mancata considerazione del maggior rilievo ad oggi attribuito dalla società alla protezione degli animali allevati.

Quadro di regolamentazione in Italia

La lacuna costituita dall’assenza di una disciplina europea indirizzata alla tutela dei crostacei decapodi si riverbera anche sul piano dell’ordinamento interno, sebbene il legislatore del singolo Stato membro potrebbe, nel rispetto del principio di sussidiarietà, adottare normative che tengano conto in varia misura del benessere degli animali da allevamento, adeguando le proprie norme alla luce della crescente sensibilità collettiva dei cittadini. A tal proposito, spicca il virtuoso esempio dell’Austria, la quale, per mezzo della Legge federale a protezione degli animali del 2004, ha introdotto tutele per i crostacei decapodi ben più dettagliate rispetto ad altri paesi4Pagg. 36-39 del Report.
Nell’ordinamento italiano manca, ad oggi, una disciplina normativa nazionale a tutela di questi animali. In Italia, è pratica comune tenere in vita i crostacei decapodi, specialmente astici e aragoste, a diretto contatto col ghiaccio e (nel caso degli astici) con le chele legate, per poi immergerli vivi in acqua bollente per la preparazione di alimenti; tali pratiche non sono espressamente disciplinate dalla legge. A fronte di questo vuoto normativo, a livello locale sono stati operati diversi interventi volti alla regolamentazione della tutela dei crostacei decapodi impiegati nell’industria alimentare; contestualmente, la giurisprudenza ha confermato la punibilità di condotte produttive di sofferenze per questi animali, perché incompatibili con la loro natura.

I regolamenti comunali in Italia: il caso dell’Emilia-Romagna

Le pratiche descritte in precedenza a cui i crostacei decapodi vengono sottoposti risultano essere vietate da alcuni regolamenti comunali che disciplinano la gestione e la tutela degli animali impiegati per finalità alimentari. Questi regolamenti hanno, tuttavia, efficacia circoscritta al territorio comunale e sono peraltro difformi nel loro contenuto.
Uno studio del 20175Liuzzo G., Rossi R., Giacometti F., Mescolini G., Piva S., Serraino A., Analysis of provincial and municipal regulations governing crustacean welfare in Italy, in Italian Journal of Food Safety, 2017, 6, 1 (accessibile al link https://doi.org/10.4081/ijfs.2017.6228); pagg. 22-32 del Report ha analizzato i regolamenti comunali per il benessere degli animali di 110 capoluoghi di provincia italiani, al fine di valutare quali e quanti prevedessero una specifica disciplina a tutela dei crostacei. Dei 62 regolamenti sul benessere degli animali rilevati ed esaminati, 46 contenevano norme applicabili agli animali acquatici e ai crostacei e le norme al riguardo cambiavano sostanzialmente a seconda del comune di appartenenza.
In Emilia-Romagna sono numerosi i regolamenti comunali che si applicano ai crostacei decapodi, in comuni che in alcuni casi si trovano a pochi chilometri di distanza gli uni dagli altri.
Dall’analisi si comprende che i regolamenti della Regione Emilia-Romagna analizzati sono differenziati per quanto concerne:

  • numero e tipologia di specie tutelate;
  • previsioni di maggiore o minor dettaglio relativamente alla detenzione degli animali (soltanto alcuni regolamenti forniscono indicazioni quantitative e qualitative specifiche, indicando specificamente parametri quali la temperatura e la concentrazione di ammoniaca nell’acqua o la densità di stoccaggio massima tollerabile all’interno di un acquario);
  • presenza di indicazioni procedurali di dettaglio (riscontrabili soltanto in alcuni regolamenti);
  • presenza di sanzioni amministrative pecuniarie a fronte della mancata ottemperanza agli obblighi e ai divieti disposti nei regolamenti (le prescrizioni imposte da regolamenti sprovvisti di sanzioni correlate rischiano di restare, di fatto, disattese).

Quasi la totalità dei regolamenti comunali presi in considerazione, ad esclusione del regolamento del Comune di Ravenna, prescrive:

  • il divieto di mantenere i crostacei vivi sul letto del ghiaccio;
  • il divieto di cucinare crostacei vivi senza che siano stati preventivamente uccisi;
  • il divieto di mantenere permanentemente legate le chele ai crostacei;
  • l’obbligo di vendita di crostacei al consumatore finale solo previa soppressione degli stessi da parte di personale formato.

Nonostante quanto appena esposto inerisca soltanto a una regione italiana, la conclusione che si può agevolmente trarre è che l’Italia, nella sua interezza, sia dotata di una regolamentazione sulla tutela e sul benessere dei crostacei disomogenea e basata su evidenze scientifiche datate e difformi tra loro, pertanto inidonea a garantire la tutela minima dei crostacei decapodi all’interno dell’industria alimentare.

La giurisprudenza afferma che detenere i crostacei vivi su ghiaccio è reato

A fronte di questo panorama frammentario e disomogeneo e della presenza di una grave lacuna normativa, l’Italia si distingue per un’importante pronuncia adottata da parte della Suprema Corte di Cassazione6Cass. Pen., Sez. III, n.30177 del 2017.. La corte ha riconosciuto che comportamenti perpetrati a danni di astici detenuti in maniera inadeguata all’interno di un ristorante configurano il reato di cui all’articolo 727 comma II del Codice penale, che punisce «chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze».
La Corte di Cassazione ha, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso del ristoratore che era stato condannato in primo grado per aver detenuto alcuni crostacei vivi in cella frigorifera e con le chele legate, pertanto in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (di fatto, viene confermata la sanzione comminata al ristoratore per il reato di cui all’articolo 727 comma II del Codice penale).
La sentenza afferma che non può essere considerata come una consuetudine socialmente apprezzata quella di detenere i crostacei a temperature così rigide, tali da provocare “gravi sofferenze”, posto che gli operatori economici possano utilizzare sistemi più rispettosi di tali animali, seppure più costosi. Se ne deduce che la motivazione economica, quindi, non giustificherebbe l’inflizione di una maggiore e inutile sofferenza ai crostacei destinati al consumo umano, perché è noto che ci siano altri modi per conservarli.
La pronuncia in oggetto costituisce un importante precedente giurisprudenziale e lascia presagire la configurabilità di ulteriori comportamenti penalmente rilevanti perpetrati a danno dei crostacei decapodi e la necessità di un intervento adeguato a tutela degli stessi.

Chiediamo norme minime di tutela per i crostacei decapodi

Considerati i recenti studi che dimostrano la senzienza e la capacità di sentire dolore dei crostacei decapodi, è imprescindibile che a livello europeo e nazionale vengano introdotte norme minime basate su parametri scientifici aggiornati a tutela di questi animali nelle diverse fasi di cattura, produzione e commercializzazione.
Il Legislatore italiano ha l’obbligo di agire per colmare la lacuna normativa che interessa il nostro Paese, anche in ragione della responsabilità che gli compete a norma del novellato articolo 9 della Costituzione, che stabilisce in capo allo Stato il dovere disciplinare i modi e le forme di tutela degli animali. Solo così questi animali potranno godere della protezione cui hanno diritto.

Note

  • 1
    https://www.ali.ong/rivista/crostacei-animali-non-solo-cibo/
  • 2
    https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.2903/j.efsa.2005.292
  • 3
    Pagg. 16-21 del Report
  • 4
    Pagg. 36-39 del Report
  • 5
    Liuzzo G., Rossi R., Giacometti F., Mescolini G., Piva S., Serraino A., Analysis of provincial and municipal regulations governing crustacean welfare in Italy, in Italian Journal of Food Safety, 2017, 6, 1 (accessibile al link https://doi.org/10.4081/ijfs.2017.6228); pagg. 22-32 del Report
  • 6
    Cass. Pen., Sez. III, n.30177 del 2017.

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