Maiale nero
D. Apolinarski/Pixabay

I rifugi per animali: una realtà di fatto non disciplinata dalla legge nazionale ed europea

L’assenza di un modello unitario europeo, l’inadeguatezza dei recenti sviluppi normativi italiani, l’esempio austriaco e spagnolo.
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Francesca Faraoni

Laurea Magistrale in Giurisprudenza, Università di Pisa Abilitata alla professione forense. Impiegata in un’azienda di servizi bancari, mi occupo di antiriciclaggio e credito.

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Pumba, vittima di un limbo giuridico

Il primo esame che gli studenti di Giurisprudenza affrontano all’inizio del loro percorso di studi è, nella maggior parte dei casi, Storia del Diritto Romano. È un esame fondamentale perché trasmette ai neofiti del Diritto quale sia, concretamente, la funzione di ciò che si accingono a studiare: fornire alla società uno strumento adeguato a rispondere alle proprie esigenze, affinché nulla sia lasciato al caso bensì previsto, regolato, protetto. Ogni cultura, in ogni epoca, ha creato regole di diritto che potessero meglio rispondere ai bisogni contingenti che la caratterizzavano, plasmando a poco a poco una sovrastruttura sempre più articolata e complessa di leggi. 

Ebbene, oggi, in Italia, ci troviamo innanzi a un vulnus normativo non più ignorabile, causato dall’assenza di una legge che possa efficacemente rispondere a un bisogno nuovo, precipitato fattuale di una nuova consapevolezza e di un’evoluzione sociale in atto. 

Alcune immagini, diffuse dall’account ufficiale del Rifugio Cuori Liberi, alcuni giorni dopo l’abbattimento dei maiali ospiti della struttura, ritraggono il maiale Pumba accerchiato dagli operatori sanitari, spaventato e, infine, abbattuto. Questo video ha posto l’accento sull’inadeguatezza delle attuali norme a rispondere ai tempi e alle consapevolezze del presente. Pumba – sino a pochi giorni prima coccolato e accarezzato dai suoi amici umani –  la mattina del 20 settembre 2023, è stato ucciso come molti dei suoi simili ogni giorno e in ogni Regione, poiché considerato dalla legge non un essere senziente, depositario di sentimenti quali amore, rabbia, paura, ma un oggetto, una risorsa alimentare. 

Pumba, è capitato vittima, ad onta del desiderio dei volontari dell’associazione che lo ospitava, di un apparato normativo che ordina l’abbattimento di ogni animale non umano, detenuto all’interno di un allevamento, in caso di pericolo di diffusione di una malattia contagiosa. Eppure, Pumba, non era una risorsa alimentare, non era relegato all’interno di una gabbia di ferro, impossibilitato ad esprimere i comportamenti etologici che caratterizzano la sua specie. Ciononostante, lui e gli altri suini ospiti del rifugio sono stati abbattuti a causa del diffondersi della Peste Suina Animale (PSA) negli allevamenti del pavese, al pari degli altri 33.865 maiali

Benché il recente Decreto del Ministero della Salute del 7 marzo 2023 abbia per la prima volta introdotto nell’ordinamento una definizione ufficiale di rifugio per animali allevati, in assenza di una normativa specifica, essi continuano a sottostare – per analogia – alle norme che disciplinano la manutenzione degli allevamenti, laddove maiali, polli, mucche o cavalli vengono uccisi per soddisfare esigenze umane in misura spesso ultronea rispetto ai reali bisogni, al termine di una vita breve e caratterizzata da atroci sofferenze. 

I rifugi nell’ordinamento giuridico italiano. 

Al netto di tiepidi entusiasmi, l’Allegato 1 al Decreto 7 marzo 2023 costituisce un primo, timido accenno del Legislatore a un tema molto caro alle associazioni e a una parte sempre più cospicua della società, consapevole dell’occorrenza di un cambiamento di prospettiva sulla qualificazione giuridica degli animali non umani

In quanto parificati a res, nell’attuale apparato normativo italiano gli animali continuano a esprimere la concezione secondo cui essi costituiscono mera fonte di reddito, poiché funzionali al soddisfacimento di interessi umani e commerciali, lungi dall’essere considerati esseri senzienti. 

La definizione di rifugio è collocata nel corpo del paragrafo 2.4 del Decreto, che elenca le varie tipologie di attività di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. 5 agosto 2022, n. 134 sul sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429. In particolare, l’Allegato accenna ai rifugi per animali diversi da cani, gatti e furetti in termini di stabilimenti “per il ricovero di animali terrestri selvatici e non, a scopo di riabilitazione o custodia di animali sequestrati, confiscati, rinvenuti sul territorio, autorizzato ai sensi della normativa nazionale e regionale specifica di riferimento”, nel quadro normativo dedicato proprio agli allevamenti, suggellandone pertanto l’applicazione analogica della relativa disciplina. 

Dunque la registrazione dei soggetti ivi enunciati – pur “con la finalità dell’esposizione o per la conservazione della specie o per motivi diversi dalle esibizioni, dagli usi zootecnici e dalla produzione di alimenti” (i.e. collezioni faunistiche registrate in BDN) – in nulla si differenzia da quella dei capi da allevamento

Del pari, anche l’abbattimento di questi individui è regolato dalle stesse norme sanitarie, finalizzate al contenimento di malattie che possano costituire un rischio, anche indiretto, per la salvaguardia del sistema produttivo nazionale e della relativa filiera.  

Eppure, proprio la stabulazione di un numero assai elevato di animali all’interno degli allevamenti, spesso in condizioni fatiscenti, costituisce uno tra i principali volani di diffusione dei virus. Ne consegue dunque che l’ordinaria sofferenza inflitta a milioni di vite in tutto il mondo, ogni giorno, diventa essa stessa causa di misure straordinarie di contenimento. È la cronaca di una strage annunciata.   

Il riconoscimento dei rifugi nella normativa straniera: il caso dell’Austria e il virtuoso esempio spagnolo 

Come accennato in apertura, il Diritto – in ogni cultura e in ogni tempo – nasce per rispondere all’esigenza di un gruppo organizzato di disporre di leggi adeguate a regolare la vita comune. A tal proposito, in alcuni Paesi europei, l’inadeguatezza intrinseca della normativa sugli allevamenti ad adattarsi a una realtà incompatibile, come quella dei rifugi, è stata finalmente recepita dal Legislatore. 

Il 22 febbraio 2023 è stata promulgata la Legge federale consolidata: regolamento della legge sulla protezione degli animali (Gesamte Rechtsvorschrift für Tierschutzgesetz), che ha introdotto nell’ordinamento giuridico austriaco una prima definizione di rifugio, qualificandolo come una struttura per la custodia permanente di animali randagi o alloctoni.  

Purtroppo, la normativa austriaca, sebbene innegabilmente progressista, soffre di criticità non dissimili da quanto osservato in merito al Decreto del Ministero della Salute del 7 marzo 2023. Entrambe le norme, invero, non hanno ad oggetto la specifica disciplina dei rifugi, rientrando bensì nell’alveo di una legislazione di più ampio respiro, dedicata alla gestione degli animali. Al netto di moderati progressi, anche la Gesamte Rechtsvorschrift für Tierschutzgesetz riconduce infatti molti aspetti della gestione dei rifugi alla prima e alla seconda ordinanza sull’allevamento (Gazzetta ufficiale federale II n. 485 e 486 del 2004), in particolare in punto di detenzione e stabulazione. Positivo è, tuttavia, l’embrionale intento di concedere una veste formale a queste organizzazioni.  

Di maggior pregio innovativo è invece la Ley 7/2023, de 28 de marzo 2023, de Protección de los Derechos y el Bienestar de los Animales, grazie alla quale si percepisce un inedito mutamento di prospettiva, auspicabilmente ispirato all’obiettivo di superare la concezione dell’animale quale oggetto su cui l’uomo esercita un diritto, mero strumento di produzione e sostentamento. 

Nel Preambolo si indica espressamente che la Ley persegue il fine di garantire “[non tanto] il benessere degli animali valutando le condizioni offerte loro, ma di regolamentare il riconoscimento e la tutela della dignità degli animali da parte della società. Pertanto, [la legge] non regolamenta gli animali come elementi della nostra attività economica che meritano considerazione a causa della loro capacità di sentire, ma regola il nostro comportamento nei loro confronti in quanto esseri viventi inseriti nel nostro ambiente di convivenza”. 

Da un’analisi sistemica emerge dunque un superamento in nuce della concezione antropocentrica e paneconomica che governa attualmente il rapporto essere umano-animale, unicamente riconducibile agli istituti della proprietà, della detenzione e del possesso. Nel testo della Ley 7/2023, gli animali assurgono essi stessi a soggetti di diritto, titolari di interessi tutelati dalla legge. Quest’ultima, infatti, riveste una funzione regolatrice dei comportamenti umani nei confronti degli animali, ne limita gli abusi e li rende parte di un rapporto di coesistenza anziché di sudditanza. Si assiste, in buona sostanza, alla costruzione di una nuova architettura normativa, orientata al coinvolgimento di sensibilità sinora scarsamente contemplate.  

Purtroppo, anche la normativa spagnola, per quanto innovativa, conserva alcune innegabili ombre. In essa permane ancora la summa divisio tra animali domestici, beneficiari di norme di elevata caratura innovatrice, come poc’anzi osservato, e animali cc.dd., “da lavoro”, comprendendo tra questi cani da caccia, da guardia et similia, ancora avulsi dal riconoscimento di uno status giuridico diverso dalla cosa. Il risultato, quindi, è quello di una parziale e irragionevole contraddizione. 

Un vulnus non solo nazionale: l’assenza di una normativa europea di riferimento

Seppur fiduciosi che i due esempi appena citati possano ispirare, in Italia e negli altri ordinamenti, percorsi di riforme normative che riconoscano gli animali quali esseri senzienti, è innegabile che la strada da percorrere sia impervia. Il maggior ostacolo è costituito dall’assenza di una normativa eurounitaria chiara e condiscendente, scevra da impedimenti di caratura prettamente economica, che fornisca agli Stati membri linee guida univoche

Al momento, il Diritto dell’Unione Europea non registra alcuna normativa di riferimento sul tema. Gli unici rimandi esistenti si rinvengono nel Documento sulle buone pratiche della Commissione europea relativo alla Direttiva UE sui giardini zoologici, in cui si accenna al rifugio come “una struttura che soccorre e fornisce rifugio e cure ad animali che hanno subito maltrattamenti, sono stati feriti o abbandonati oppure che sono altrimenti bisognosi di cure, presso la quale il benessere di ogni singolo animale costituisce la considerazione primaria in tutte le azioni del rifugio. Inoltre, la struttura deve attuare una politica di non riproduzione e deve sostituire gli animali soltanto mediante azioni di soccorso, confisca o donazione

Più in generale, a fronte di ammirevoli passi avanti compiuti da alcuni ordinamenti, la normativa nazionale a tutela dei diritti animali fatica a reperire una copertura e delle conferme a livello europeo. Al contrario, non sono rari i casi in cui – benché l’art. 13 TFUE riconosca espressamente la qualità di esseri senzienti degli animali – residuano non indifferenti contraddizioni e difficoltà attuative, tanto a livello eurounitario quanto a livello nazionale. Gli interessi di matrice economica, sebbene attutiti nel tempo a beneficio del benessere (perlopiù umano), continuano a determinare le maggiori scelte legislative, spesso a svantaggio del riconoscimento e della tutela dei diritti animali. 

Per tutte queste ragioni è quanto più urgente valorizzare i cambiamenti prospettici che, seppur modesti, hanno nel corso degli ultimi anni dato la stura a una consapevolezza diffusa della necessaria e improcrastinabile esigenza di riconoscere la senzienza animale. 

Le immagini di Pumba nei suoi ultimi minuti di vita, mentre cerca riparo nella sua casetta di legno nel Rifugio Cuori Liberi, costituiscono atteggiamenti e paure che ogni giorno si celano là dove gli occhi e le orecchie del consumatore non arrivano, là dove milioni di anime perdono quotidianamente la vita tra atroci sofferenze. 

 Sitografia e bibliografia

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